domenica 26 dicembre 2010

Il mendicante di firme (parte 5)!

bansky

[...]


- Signora, delle candele per i bambini poveri, solo 30 franchi..

- No grazie..

- La prego, guardi che belle candele. Faccia un’opera di bene!

- Le ho detto di no. Arrivederci.

- Ma perché non va gentilmente a farsi fottere?,

pensai.

*

Gennaio 2010

Il giorno che ho smesso questo lavoro stavo vendendo candele di Natale per un’organizzazione che lotta contro la povertà. Era più o meno un mese fa. Stavo congelando fuori da un supermercato, con queste minchia di candele che neanche potevo usare per riscaldarmi. Dovreste vedere che brutte. Le hanno fatte fabbricare in Polonia.

Delocalizzano.

Una giornata così: del cazzo. Freddo boia, pochi affari e le candele che più le guardavo e più mi facevano andare di traverso i pensieri. Dovevo spacciarle come se fossero un raro esempio di artigianato:

- Guardi che belle candele, signora. Un offerta per i bambini poveri?

- Prendete un’offerta ma tenetevi queste orripilanti candele. Per carità, sono mostruose..

- Grazie, molto gentile. Le auguro uno splendido Natale e delle buone feste..

dissi, leccando metaforicamente lo splendido sedere della signora.

E così andando passai la mattinata a guardare signore e a fare sentire i visitatori del centro commerciale degli schifosi egoisti che riempivano carrelli di panettoni e giocattoli e non compravano le mie candele della carità.

Proprio come mi hanno insegnato nella giornata di teoria.

Chi non professava offerte lo mandavo mentalmente a quel paese. Non tanto perché non comprava candele, quanto perché io perdevo i miei preziosi bonus. Lo so che è triste, ma è così: era il mio lavoro.

Verso la una arrivò il turno della pausa pranzo. Mangiai in fretta e furia una pizza semifredda e mi rimisi allo sciacallaggio benefico. Un quarto d’ora più tardi cominciai a sentire un forte mal di pancia. Dolore fulmineo. Mi misi a correre come un giamaicano per il centro commerciale fino ad arrivare al bagno.

Non feci in tempo.

Allagai il cesso con un bel vomito liquido, di uno splendido colore tendente al rosso pomodoro. Qualche pezzettino di pizza emergeva come un’isola da quel mare di rigetto. Un disastro, per fortuna non c’era nessuno. Poi via altri conati, questa volta mirando abilmente la tazza.

Mezz’ora dopo, tornato dal mio superiore, li dissi:

- Guarda... (non mi ricordo nemmeno più come cavolo si chiamava).. ho vomitato, sto molto male..Non resisto. Mi sa che me ne vado.

- Capisco. Mi spiace. Vai pure a casa. Riprenditi che ti voglio in forma..ci vediamo domani?

- Sisi. Spero di stare meglio..

Stavo meglio. Ma non mi feci più sentire. Quel lavoro mi ha distrutto. Non faceva per me.

Quel lavoro mi faceva vomitare..


FINE

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