lunedì 23 maggio 2011

Landgrabbing: anche la Svizzera è coinvolta.

Panoramica delle società elvetiche attive nell’accaparramento di terre .

Addax Bioenergy, società svizzera che produce canna da zucchero in Sierra Leone (su gentile concessione di Yvan Maillard Ardenti, Pain Pour le Prochain)

Dopo la crisi del 2008, l’interesse sempre più marcato palesato dal settore finanziario verso gli investimenti agricoli si è tradotto in un incremento importante del fenomeno del landgrabbing, l’accaparramento di terre nei paesi in via di sviluppo. I terreni fertili fanno ormai parte dei portafogli d’investimento e dei fondi speculativi proposti dalle banche. Questo fenomeno può essere classato in due categorie. La prima è puramente speculativa: si propone l’acquisto di terreni agricoli sapendo che il valore di questi ultimi aumenterà. La seconda coinvolge gli investitori che fanno affari vendendo i beni agricoli prodotti sulle terre acquistate.

Una recente mozione presentata al Consiglio nazionale dalla deputata verde Maya Graf pone la questione: “Che cosa fa la Svizzera contro l’accaparramento di terre?”. Già, perché se il nostro paese non interviene direttamente, in quanto Stato, nell’acquisto di terre, sul suo territorio sono presenti varie società implicate a vario titolo nell’accaparramento.

Le società che acquistano terre per impiantarvi dei progetti di produzione.

Si tratta di imprese attive direttamente sul terreno, per esempio nella produzione di agro-carburanti. Addax Bioenergy è una società con sede a Ginevra. Nel 2010 ha investito in un progetto in Sierra Leone che prevede, su 10 000 ettari di terre fertili, di produrre canna da zucchero da trasformare in biocarburante per il mercato europeo. Addax ha stipulato un contratto molto favorevole dal punto di vista fiscale con il governo dello Stato africano. Un usufrutto di 50 anni su queste terre (12$ all’ettaro per anno) e un progetto che, secondo i promotori, intende promuovere lo sviluppo agricolo locale ma che pone numerosi interrogativi. Se da un lato l’attività di Addax appare molto discutibile in un paese colpito da gravi carenze alimentari, d’altro canto bisogna riconoscere gli sforzi che la società offre in termine d’informazione. Oltre ad avere invitato dei giornalisti sul terreno, l’impresa ha fatto svolgere degli studi sull’impatto sociale e ambientale del progetto. Tali studi non fanno però che confermare tutti i limiti e i rischi dell’operazione.

Glencore, attualmente la più grande società svizzera (da domani quotata in borsa), leader mondiale dell’estrazione mineraria e del commercio di commodities, possiede già 300 000 ettari di terreni agricoli nel mondo.

Le società legate al commercio di materie prime.

Altre società basate in Svizzera agiscono più nell’ombra, ciò che rende difficile il lavoro di vigilanza. Si tratta soprattutto di holding che fanno capo a società straniere attive nel trading agricolo. L’esempio della società di Zugo Multigrain AG (MAG) mette in evidenza il complesso gioco che si nasconde dietro a questo genere di attività e che lega l’accaparramento di terre alla speculazione sulle materie prime. MAG è attiva nella produzione, distribuzione e commercio di cereali d’origine brasiliana. Nel 2007, tramite la sua filiale Multigrain SA, ha assunto il ruolo d’intermediario per la società giapponese Mitsui nell’acquisto di 100 000 ettari di terre brasiliane. La società giapponese, che all’epoca deteneva il 25% di MAG, ha poi acquistato parti del negoziante brasiliano Xingu (la cui sede centrale guarda caso era anche’essa in Svizzera), trasferendole in seguito alla stessa MAG.

Recentemente Mitsui ha annunciato l’acquisto di nuove azioni di MAG (appartenenti ad altre società con sede in Svizzera, la CHISH SAGL di Petit-Lancy e la PMG Trading AG di Zugo). Un’operazione di 508 milioni di dollari che fa di Mitsui il proprietario principale della società elvetica e di tutta questa filiera di imprese attive nell’acquisto di terre e nel commercio di cereali. Gli obiettivi di questo investimento sono evidenti: le aspettative legate all’aumento della popolazione mondiale e della relativa crescita della domanda di cereali creeranno enormi profitti. Attraverso MAG e grazie all’acquisto di terre brasiliane “destinate alla produzione cerealicola per il mercato asiatico”, Mitsui consolida la sua importante posizione in questo commercio.

Le banche e i fondi d’investimento

In un rapporto della Fondazione Pane per il prossimo (PPP), Yvan Maillard Ardenti, responsabile del settore finanze internazionali e corruzione, ci spiega in quale maniera il settore finanziario svizzero è implicato. Si identificano degli investimenti nell’agricoltura, soprattutto laddove si intravvedono enormi possibilità di profitto, e si propongono sottoforma di fondi. Global Agri Cap, GAIA World Agri Found, Man Investment sono degli esempi di fondi di questo tipo presenti in Svizzera. Questo genere di investimenti pone numerose inquietudini legate all’impatto sociale e ambientale, come per esempio nel caso della produzione di olio di palma e di agro-carburanti. Nel 2009 UBS e Credito svizzero hanno partecipato all’emissione di azioni per conto della Golden Agri-Resources (GAR), uno dei più grandi produttori di olio di palma al mondo e holding della criticata società indonesiana Sinar Mas Group.

Secondo lo studio di PPP, altre due importanti banche private, Sarasin e Pictet, sono direttamente implicate nell’acquisto di terre: esse investono in società come COSAN, il più grande produttore di zucchero brasiliano, attiva nell’acquisto speculativo di terre e fattorie brasiliane.

L’agricoltura è sempre più attrattiva e redditizia per gli investitori. È considerata un vero e proprio oro verde che garantisce importanti margini di profitto ai piazzamenti finanziari. Queste pratiche hanno però gravi conseguenze nei paesi in via di sviluppo i quali sono ancora una volta spogliati della loro principale ricchezza: la terra. La preoccupante situazione alimentare impone che questo genere di pratiche venga regolamentato. In Svizzera, paese che non è certo estraneo al fenomeno, la mozione parlamentare di Maya Graff introduce la questione nel dibattito politico. La cooperazione elvetica è attiva nel finanziamento di alcune ONG mobilizzate contro il fenomeno e che chiedono, per lo meno, l’introduzione di un codice di condotta che imporrebbe alle imprese un certo numero di criteri da rispettare, soprattutto in materia fiscale. Le banche e gli investitori privati (come le casse pensioni) dovrebbero dal canto loro attestare che il denaro investito non contribuisce a privare le popolazioni locali dall’accesso alle loro terre.

Ciò nonostante l’accaparramento di terre può essere frenato soltanto da una regolamentazione internazionale la quale dovrebbe integrare anche la questione degli agro-carburanti e della speculazione sulle materie prime agricole.

sabato 7 maggio 2011

Aumento dei prezzi delle materie prime: tra biocarburanti, rivolte arabe e speculazioni!

La Banca mondiale ha appena pubblicato un rapporto sulle cause dell'aumento dei prezzi delle materie prime. Si accenna ai biocarburanti ma si tralasciano le speculazioni.


Dal mese di giugno dello scorso anno si constata un aumento vertiginoso dell’indice dei prezzi dei principali prodotti alimentari: per esempio, il prezzo del mais è aumentato del 74% e quello del grano del 69%. Questo indice ha quasi raggiunto il livello record del 2008. A proposito la Banca Mondiale (BM) ha appena pubblicato un rapporto dove spiega le cause di questi aumenti che toccano in particolar modo i paesi poveri ma che hanno conseguenze dirette anche da noi: dall’inizio dell’anno in Svizzera sono in effetti aumentati i prezzi di prodotti come la pasta, il riso, il pane, il cacao e il caffè.

Biocarburanti

A parte vari fattori meteorologici che hanno colpito molti paesi esportatori di cereali (Argentina, Australia, Russia, Kazakistan), il rapporto della BM attribuisce alla “domanda crescente di prodotti agricoli destinati alla produzione di biocarburanti” una delle cause principali dell’aumento dei prezzi.

L’esempio del mais è evidente: la crescente domanda per usi industriali di questo prodotto ne ha fortemente aumentato il prezzo. Per la BM all’origine di tutto vi è l’aumento del prezzo del petrolio che accresce la domanda di biocarburanti. A riguardo si propongono delle misure per “moderare gli obiettivi di produzione di biocarburanti nei periodi in cui i prezzi dei prodotti alimentari superano una determinata soglia”.

Tuttavia, sia la produzione di agrocarburanti che la strategia adottata da paesi come gli Stati Uniti non sono messe in discussione. In aprile il dipartimento americano dell’agricoltura (USDA) ha indicato che la quantità di mais statunitense destinata alla fabbricazione di biocarburante passerà dal 31% del periodo 2008-2009 al 40% per il periodo 2010-2011. Con una produzione di 40 miliardi di litri di etanolo, dal 2005 gli USA sono i leader mondiali nella produzione di questo tipo di carburante. Il 98% di questo etanolo è prodotto con il mais.

In Svizzera lo scorso mese di febbraio é stata consegnata alla cancelleria federale una petizione firmata da 61 000 cittadini che chiedono criteri più severi per ciò che concerne la produzione e l’importazione d’agrocarburanti. A livello parlamentare la commissione ambientale del consiglio nazionale ha da parte sua proposto un rafforzamento della legge sull’importazione di questo tipo di prodotti.

Le rivolte arabe

L’aumento dei prezzi tocca principalmente i paesi arabi dove l’inflazione si situa attorno al 10%. Secondo la BM una delle cause principali dell’aumento constatato in questa prima parte dell’anno sono le rivolte che hanno fatto aumentare i prezzi del petrolio e, di conseguenza, la domanda di biocarburanti. D’accordo, il prezzo del petrolio sarà anche accresciuto a causa delle rivolte, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso delle proteste non é proprio l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, soprattutto del pane?

In altre parole, é nato prima l’uovo o la gallina?

Le speculazioni finanziarie

Il rapporto non tocca la problematica della speculazione finanziaria sulle materie prime. Le speculazioni sono un soggetto che coinvolge direttamente il nostro paese, soprattutto l’arco lemanico, regione numero uno in Europa in questo tipo di commercio. Tra Losanna e Ginevra hanno sede più di 400 società attive nel trading di materie prime e che, approfittando dello statuto di società ausiliarie, beneficiano d’importanti agevolazioni fiscali. Questo settore è una fonte importante di impieghi per la regione e genera qualcosa come 700 miliardi di franchi l’anno, tuttavia la grande speculazione dei mercati a termine dei prodotti agricoli contribuisce a spingere i prezzi verso l’alto.

A riguardo l’Istituto per una politica agricola e il commercio (IATP) ha da poco pubblicato una raccolta che riunisce i testi più importanti relativi a queste speculazioni e al loro impatto sui prezzi. L’IATP fa parte della Commodity Market Oversight Coalition (CMOC), una coalizione di ONG, associazioni di consumatori, agricoltori e operatori finanziari che si batte contro l’eccessiva speculazione cercando di rendere più trasparente e regolamentato il settore. Il documento spiega il funzionamento di questo mondo complesso legato al commercio di materie prime: derivati, commodities, futures, swaps, etc. Dal rapporto si può capire in che modo queste speculazioni hanno influenzato la tendenza al rialzo. A riguardo sono quindi richieste delle regolamentazioni, come lo chiede la Fao e Olivier de Schutter. Quest’ultimo ha appena prolungato il mandato di delegato speciale dell’ONU per il diritto all’alimentazione ed è proprio uno degli autori presenti in questa raccolta.

La problematica della regolamentazione delle materie prime agricola non è nuova e ha origine proprio in terra lemanica. Nel diciottesimo secolo il banchiere ginevrino Jacques Necker fu chiamato da Luigi XVI col compito di riequilibrare le finanze del regno francese. Necker divenne un personaggio importante e scrisse un’opera intitolata Essai sur la législation et le commerce des grains. In questo testo il banchiere spiega come i beni primari non devo essere abbandonati al libero mercato poiché altrimenti diventerebbero vulnerabili ai fenomeni speculativi, fatto questo che avrebbe spinto nella fame parte della popolazione.

Era il 1775…