sabato 31 ottobre 2009

L'occhio interiore

Come un branco di lupi che scende dagli altipiani ululando
o uno sciame di api accanite divoratrici di petali odoranti
precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina.
Uno dice che male c'è a organizzare feste private con delle belle ragazze per allietare Primari e Servitori dello Stato?

Non ci siamo capiti
e perché mai dovremmo pagare anche gli extra a dei rincoglioniti?
Che cosa possono le Leggi dove regna soltanto il denaro? La Giustizia non è altro che una pubblica merce...
di cosa vivrebbero ciarlatani e truffatori
se non avessero moneta sonante da gettare come ami fra la gente.


Comincia così l'ultima nuova bellissima canzone di Franco Battiato: Inneres Auge (occhio interiore). Ogni riferimento é puramente casuale, ascoltatela!!!



Ed ecco anche il link della recente intervista rilasciata dal cantautore siciliano al "Fatto Quotidiano":

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2369097&title=2369097

martedì 27 ottobre 2009

Restrizione agli agrocarburanti

La Commissione dell’ambiente, del territorio e dell’energia del consiglio nazionale propone un'iniziativa per stabilire dei criteri vincolanti al commercio di agrocarburanti


Nel contesto di crisi alimentare, sottolineato dal recente appello della FAO e del WFP, l’emergente fenomeno degli agrocarburanti gioca un ruolo molto importante, tanto che la stessa FAO dedica loro il rapporto annuale 2008. Quest’ultimo sottolinea il fatto che, se da un lato gli agrocarburanti contribuiscono solo modestamente alla diminuzione dell’uso di combustibili fossili, dall’altro essi hanno un maggior impatto sull’agricoltura e sulla sicurezza alimentare (diminuzione di terre e di risorse per le culture alimentari e aumento dei prezzi delle materie prime agricole).
Anche la Banca Mondiale si è dedicata al fenomeno, dimostrando che la moda dei biocarburanti, sovvenzionati da importanti sussidi in Europa in America del Nord e in Brasile, é la principale causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime: “Increades biofuel production has increased the demand for food crops and been the major cause of the increase in food prices.” (Mitchell, 2007)
Se, come dimostra una ricerca della stessa BM, l’11% del mais mondiale, il 25% di quello statunitense e il 70% dei nuovi campi di mais è usato per produrre bioetanolo, questo entra in concorrenza con le colture destinate all’alimentazione umana e causa un aumento generale dei prezzi delle materie prime agricole.
Appare logico che se sempre più terreni agricoli sono coltivati per far muovere automobili, sempre meno serviranno a nutrire gli uomini. Da qui si impone una riflessione generale su questo nuovo metodo di procurarsi energia (“che di bio ha solo il nome”), tanto a livello nazionale che a livello internazionale. Da un punto di vista politico ciò può apparire tuttavia complicato: la problematica degli agrocarburanti ci riporta al ruolo strategico e al potere dei giganti dell’agro chimica, principali produttori di semi di maïs, e ai giganti dell’agro-alimentare, nuovi specialisti e maniaccia di quello che è considerato il nuovo oro verde. Non ci è nuovo l’importante peso strategico giocato da queste industrie, capaci di influenzare a loro piacimento importanti decisioni politiche. Nel luglio 2008 il quotidiano inglese “The Guardian” afferma che un gruppo di esperti della BM ha stabilito un rapporto confidenziale dove si sostiene che gli agrocarburanti sono la causa principale dell’aumento del 75% dei prezzi delle materie prime agricole. Tuttavia questo rapporto non viene mai pubblicato, per non contraddire i recenti appelli dei governi europei e americani, i quali dichiarano allora che questo tipo di energia contribuisce meno del 3% all’aumento dei prezzi del cibo e che essa concorre inoltre alla diminuzione di emissioni di gas a effetto serra. Come sottolinea Robert Bailey, “policy adviser” dell’associazione Oxfam International: “Political leaders seem intent on supressing and ignoring the strong evidence that biofuels are a major factor in recent food price rises […] It is imperative that we have the full picture. While politicians concentrate on keeping industry lobbies happy, people in poor countries cannot afford enough to eat”.

Per queste ragioni è quindi da accogliere favorevolmente la recente decisione presa dalla Commissione dell’ambiente, del territorio e dell’energia del consiglio nazionale (CEATE). Con 22 voti contro uno (e 2 astenuti) la CEATE ha deciso il 20 ottobre scorso di approvare e di elaborare una iniziativa di commissione relativa agli agrocarburanti. Attraverso questa iniziativa la Commissione mira a elaborare dei criteri che regolino in maniera più chiara la commercializzazione in Svizzera di questi prodotti: “chiunque produca o venda degli agrocarburanti dovrà assicurarne la tracciabilità. I tipi di coltura destinati alla fabbricazione di agrocarburanti e la trasformazione di agrocarburanti non dovrà concorrere con la produzione alimentare e non dovrà causare né deforestazioni né spostamenti di popolazione”. Inoltre l’iniziativa prevede di rimpiazzare le condizioni di esonero fiscale di cui godono i produttori di agrocarburanti. Tuttavia la produzione di agrocarburanti derivati dai rifiuti o dal biogas continuerà ad essere autorizzata senza restrizione. Si attende ora la decisione dell’analoga commissione del Consiglio degli Stati e poi quella del Parlamento.
Lo sappiamo, la problematica degli agrocarburanti non sarà risolta in Svizzera. La scelta della commissione ci appare comunque coraggiosa in un paese, patria della più grande impresa agrochimica del mondo, e dove il potere politico della lobby dell’agrobusiness resta forte.

Riferimenti bibliografici:

Mitchell D. :”A note on rising Food Prices”, Policy Research Workin Paper 4682 : http://image.guardian.co.uk/sys-files/Environment/documents/2008/07/10/Biofuels.PDF).

http://www.guardian.co.uk/environment/2008/jul/03/biofuels.renewableenergy

http://www.swissaid.ch

The State of Food and Agricolture 2008. Biofuels: prospects, risk and opportunities: ftp://ftp.fao.org/docrep/fao/011/i0100e/i0100e.pdf).

http://www.parlament.ch/f/mm/2009/pages/mm-urek-n-2009-10-20.aspx

sabato 17 ottobre 2009

Giornata mondiale dell'alimentazione

Il 16 ottobre è la giornata mondiale dell’alimentazione. Riflessione sull’annuale rapporto della FAO e del Programma alimentare Mondiale.


E stato pubblicato il 14 ottobre il tradizionale rapporto annuale della FAO e del “World Food Programm” (WFP) sullo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura, dedicato quest’anno alle ripercussioni della crisi finanziaria mondiale sull’accesso al cibo. Si annuncia (ma non è la prima volta) che le persone in stato di crisi alimentare hanno raggiunto la fatidica quota del miliardo. Come avviene normalmente per questo tipo di annunci, tanto drammatici quanto (ahimé) banali, l’appello di FAO e WFP è stato brevemente ripreso dai media. Senza chinarsi troppo sul rapporto ci si limita a citare velocemente l’indignazione di J. Diouf, direttore generale della FAO: "E' intollerabile che aumentino gli affamati. Abbiamo i mezzi economici e tecnici per debellare la fame, quello che manca è una forte volontà politica di sconfiggerla per sempre". (Reuters 14 ottobre; http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE59D05I20091014)

Siamo tutti d’accordo che è indecente l’aumento degli affamati e che la volontà politica di sconfiggere la fame si cela sotto le solite belle parole ma nel concreto è sempre latitante. Tuttavia, una lettura attenta di questo rapporto può fare sorgere il dubbio che anche quest’ultimo (ftp://ftp.fao.org/docrep/fao/012/i0876e/i0876e.pdf) si limiti alla facciata, tralasciando argomenti scomodi come la speculazione finanziaria sulle materie prime e il ruolo giocato dalle multinazionali agricole e dell’agricoltura genetica nella situazione cosi drammaticamente descritta dal rapporto.

Quest’ultimo è costituito da interessanti casi di studio, statistiche, tabelle e tabelline, ecc.. Nulla più. Nell’introduzione a questo rapporto lo stesso Diouf e il direttore esecutivo del WFP Sheeran ci ricordano le tre cause principali di questa situazione critica da un punto di vista alimentare:

1. Livelli elevati dei prezzi delle materie prime
2. La crisi globale che ha colpito la gran parte delle regioni del mondo simultaneamente
3. Il fatto che i paesi in via di sviluppo siano sempre più integrati nel sistema commerciale e finanziario mondiale e sono così maggiormente esposti agli shock dei mercati finanziari

Viene accennato l’aumento del prezzo delle materie prime ma non si parla delle cause di questi aumenti. Su questa tematica la FAO ha pubblicato un rapporto a parte (“The State of Agricultural Commodity Markets”) nel quale si accenna alla speculazione finanziaria sulle materie prime. L’attenzione mediatica è tuttavia riservata al rapporto annuale sullo stato dell’alimentazion e dell’agricoltura e non al citato rapporto, a mio parere più interessante. Ecco il link di quest’ultimo: ftp://ftp.fao.org/docrep/fao/012/i0854e/i0854e.pdf

Come ho già ripetuto in altri testi su questa tematica (Il cibo nell’anno della grande crisi; La maschera dell’etica), l’agricoltura e l’alimentazione sono fenomeni complessi che non possono essere giudicati superficialmente. Pertanto quello che mi preme sottolineare è il fatto che essi non sono concetti singoli ma piuttosto il risultato di una fitta rete di attori (economici, politici, sociali, ecc.) che, combattendo tra loro alla ricerca di obiettivi diversi (profitto, nutrimento, sovranità alimentare, sovranità commerciale, ecc.) ne determinano l’evoluzione. La situazione attuale, quella drammatica annunciata dal rapporto, è quindi principalmente dovuta al ruolo giocato da questi attori e dal loro perpetuo scontro. Uno scontro che, come sempre avviene in questi casi, crea vincitori e vinti.

Lascia quindi perplessi il fatto che il rapporto si concentra sui vinti, senza valutare il ruolo avuto dai vincitori nella triste situazione venutasi a creare. Nelle 61 pagine del rapporto non viene mai accennato il ruolo chiave giocato sull’agricoltura e sull’alimentazione mondiale dai principali protagonisti economici di questo settore: le corporation dell’agrobusiness e dell’agroalimentare. Inoltre, nel rapporto non si parla mai di agricoltura genetica. Quest’ultima caratterizza oramai il modo di fare e concepire l’agricoltura, tanto nei paesi ricchi quanto nei paesi in via di sviluppo. Dopo 15 anni l’agricoltura genetica sembra aver miseramente fallito il finto obiettivo con il quale viene venduta all’opinione pubblica: risolvere le problematiche alimentari di un mondo sempre più abitato ma sempre meno coltivato. Questo tipo di agricoltura, che favorisce le monoculture d’esportazioni poco utili alla sicurezza alimentare (soia, mais, colza e cotone) e che garantisce giganteschi guadagni alle poche grandi aziende che le producono, sembra non aver nessuna relazione con la drammatica situazione esposta nel rapporto. Un rapporto in cui si accenna alla diminuzione degli investimenti agricoli da parte del settore pubblico, ma a proposito non si parla delle norme legislative (nazionali e internazionali) che, a partire dagli anni 80, hanno allontanato il settore pubblico dalla ricerca agricola. I gruppi privati, favoriti dalla protezione intellettuale e dall’avvento dell’agricoltura genetica hanno in effetti saputo creare un vero e proprio monopolio sul vivente e sull’agricoltura. Anche in questo caso, nessun accenno e nessuna critica. Si sottolinea l’importanza dell’accesso a queste nuove tecnologie da parte dei contadini poveri ma non si approfondisce le conseguenze che queste tecnologie hanno su questi contadini poveri (dipendenza dalle multinazionali, monoculture, avvelenamenti, fuga dalle campagne, ecc.).

Lascia quindi perplesso il modo in cui si vuole affrontare la tematica: si parla di situazione drammatica ma non si analizza criticamente la complessità del sistema agricolo mondiale, limitandosi a sottolineare che le precarie infrastrutture nei paesi poveri rendono quest’ultimi perdenti nella competizione internazionale. In una pubblicazione in cui si parla in continuazione del rapporto tra crisi finanziaria mondiale e crisi alimentare non si accenna minimamente alla contraddizione tra un mondo che sempre più soffre la fame e le corporation dell’alimentazione dell’agricoltura che, in barba a questa crisi finanziaria e a questa fame, continuano a presentare rapporti annuali stupefacenti. Non si parla di vinti e di vincitori.

Non è strano che in una pubblicazione in cui si vuole analizzare la problematica della malnutrizione e delle difficoltà di accesso al cibo di un sesto degli abitanti del nostro pianeta non si parla dei principali attori del sistema agricolo mondiale? Non è strano che in questa pubblicazione, dedicata allo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura mondiale, non si parli di un modo di fare agricoltura (OGM) che ogni anno guadagna letteralmente sempre più terreno e che permette ai pochi (i vincitori) stratosferici guadagni senza tuttavia migliorare (ora è evidente) la situazione dei molti (i vinti)?

Per concludere, ecco forse una spiegazione a tutte queste negligenze. Nell’introduzione al rapporto, spunta un piccolo passaggio che mi lascia perplesso: “Collaboration with the United States Departement of Agricolture on certain parts of the report has also been instrumental and is highly valued; we thank them for their efforts and willingness to share their expertise”. Ricordo semplicemente che l’agenzia statunitense per l’agricoltura (USDA), invasa da uomini della potente lobby della agrobusiness, é stata uno dei principali fautori mondiali dell’agricoltura genetica. Difficile quindi considerare la FAO e il WFP degli enti neutrali e il rapporto una pubblicazione indipendente se essa si basa della collaborazione con l’USDA.

lunedì 12 ottobre 2009

Mugabe a Ginevra, qualcuno se ne é accorto?



Nel silenzio generale Robert Mugabe, faraone di Zimbabwe al quale è vietato il soggiorno su suolo europeo, statunitense e svizzero, era in questi giorni a Ginevra. Il governo dello Zimbabwe e il suo presidente sono accusati di “accertati brogli delle elezioni e di violazione dei diritti umani” (1). Non il solo Mugabe era a Ginevra: secondo il sito newzimbabwe.com ad accompagnare il presidente vi era il ministro delle comunicazioni Nelson Chamisa e il ministro degli affari esteri Simbarashe Mumbengegwi (2). Quest’ultimo fa parte dell’ ”elenco delle persone fisiche interessate dalle sanzioni finanziarie e dal divieto di entrata e transito in Svizzera” stabilità dal SECO. In quanto membro del governo Mumbengegwi è “coinvolto in attività che costituiscono una seria minaccia per la democrazia, il rispetto dei diritti umani e lo Stato di diritto”(3).
Come mai questi personaggi non sono stati fermati? Lars Knuchel, capo dell’informazione del DFAE, afferma ai microfoni della TSR che la Confederazione deve applicare gli accordi che la legano alle organizzazioni internazionali (4). Insomma, l’ONU permette la libera circolazione dei despoti, malgrado norme nazionali o sovranazionali lo impediscano.

Quello che desta perplessità è tuttavia il fatto che Mugabe e compagnia non erano a Ginevra per discutere alle Nazioni Unite di tematiche che li potrebbero riguardare, come per esempio i diritti umani, ma per partecipare alla fiera Telecom, la più grande rassegna mondiale della telefonia e delle comunicazioni. Facendo valere l’accordo che lega la Confederazione con l’Organizzazione Internazionale delle Telecomunicazioni (OIT), organizzazione onusiana promotrice dell’evento, Mugabe ha potuto partecipare, tranquillo tranquillo, ad una manifestazione su suolo svizzero, come ospite straniero di un evento organizzato dall’ONU. Mugabe era invitato alla manifestazione così come gli altri capi di stato dei paesi membri delle nazioni unite, e in tali vesti ha fatto un discorso nel quale critica le radio occidentali, accusate di invadere le frequenze del suo stato.

Hamadoun Touré, segretario generale dell’ITU, nega ai microfoni della “World Radio Switzerland" le accuse secondo cui l’invito a Mugabe lo legittimerebbe di fronte alla comunità internazionale, facendo valere il principio fondamentale della manifestazione: “We are trying to connect the world, there are 4,6 billion people connected today by mobile phone and we hope that by 2012 we connect all inhabitants of this placet. There are still 2,5 billion people to be connected including many people from the developing world, including many Zimbabweans, and it is their fundamental right to be connected and therefore we believe that we need to be very inclusive.” (5)
Passi l’idea di connettere il mondo, ma la già debole credibilità dell’ONU e delle sue agenzie non trarrà certo profitto dalla visita ginevrina di Mugabe. Come attesta la rivista thezimbabwean.co.uk Mugabe, accerchiato dal suo largo entourage (si parla di più di 100 persone), passeggiava per la fiera “letteralmente mano nella mano con il vice segretario generale dell’organizzazione, il cinese Zhao. (6)

Alla luce di quanto avvenuto recentemente (caso Gheddafi, caso Polanski) ci si può inoltre chiedere in che modo la Svizzera applichi il diritto nazionale e internazionale: in certi casi rigorosamente alla lettera (Mugabe), in altri meno (Gheddafi), in altri dipende (Polanski). Ci si può inoltre chiedere come mai l’arrivo di Mugabe a Ginevra non abbia destato alcun scalpore mediatico. Nella ricerca di informazioni sono riuscito a trovare solo qualche breve informazione su tutto il web svizzero (neanche una notizia dai siti ticinesi). E più interessante l’arresto di un regista di fama mondiale che il non arresto di un sanguinario despota? In ogni caso, legale o illegale, la presenza di Mugabe a Ginevra non migliorerà di sicuro l'incerta immagine della Svizzera nel mondo.
Seppur nel dicembre 2008 la Confederazione ha ampliato le restrizioni finanziarie e di viaggio nei confronti dell’apparato al potere in Zimbabwe abbiamo visto che, essendo Ginevra città svizzera ma sede ONU, queste norme non possono essere sempre applicate. Quindi, malgrado due conti per un ammontare di 547 000 dollari americani siano bloccati dalle autorità elvetiche, non ci resta che sperare che nella sua visita a Ginevra, città svizzera ma sede Onu, Mugabe non abbia avuto la possibilità di fare una breve visita in banca per aprire qualche nuovo sontuoso e segreto conto (7). Magari protetto dalle stesse nazioni unite.

Riferimenti bibliografici:
1) http://www.seco.admin.ch/themen/00513/00620/00622/00630/index.html?lang=it

2) http://www.newzimbabwe.com/news-1119-Mugabes+Swiss+trip+defended/news.aspx

3) http://www.admin.ch/ch/i/as/2009/1523.pdf

4) http://www.tsr.ch/tsr/index.html?siteSect=500000&channel=info#program=15;vid=11331694

5) http://www.newzimbabwe.com/news-1119-Mugabes+Swiss+trip+defended/news.aspx e http://www.worldradio.ch/wrs/news/switzerland/itu-defends-controversial-mugabe-visit.shtml?16226

6) http://www.thezimbabwean.co.uk/2009100825337/weekday-top-stories/mugabe-turns-up-in-geneva-with-qhundredsq-of-body-guards.html

7) http://www.edi.admin.ch/aktuell/00705/00724/index.html?lang=it&msg-id=24665

martedì 6 ottobre 2009

Tutti i colori delle ronde



Le prime erano verdi. Una sorta di paperinik nordisti, anonime e sfortunate figure il giorno, che, per dare un senso alla loro vuota vita, di notte indossano mascherina e mantello verde, trasformandosi nei più eroici dei supereroi. Muniti di gadget archimediani, come lo spray fluorescente o il fischietto da arbitro, eccoli sorvolare le città del Nord convinti di risolvere il problema della criminalità e di difendere la sacra nazione padana dalle barbare invasioni. Risultato: la polizia è costretta a dispensare energia per proteggere i rondisti da eventuali aggressioni.
Arrivarono poi le nere. Figure ancora più anonime e sfortunate, il giorno quanto la notte. Si fanno chiamare “guardia nazionale italiana”, costola del partito nazionalista italiano, movimento politico che nel suo programma prevede, tra l’altro, l’allontanamento dal territorio italiano di tutti gli stranieri arrivati in Italia dopo il 1977 ( http://www.partitonazionalistaitaliano.org ) . Se non ricordassero un drammatico passato le ronde nere sembrerebbero un fenomeno carnascialesco irrilevante: una guggen di
dementi che marciano in divisa (pantaloni grigi, camicia ocra e fascia nera con impressa la ruota solare al braccio, basco con aquila imperiale romana) suonando gli strumenti della follia, affiancando le ronde padane in un allegro concerto sconcertante. Fondatore del partito nazionalista italiano e promotore delle guardie nazionali, un certo Gaetano Saya, un inquietante personaggio già condannato per istigazione razziale, e di cui nel video che propongo qui ( http://www.youtube.com/watch?v=lbss6Nb2wSQ ) non solo si può ammirarne l’evidente follia (sempre temibile in
questi casi) ma anche l’odio viscerale verso ex fascisti e leghisti, accusati di distruggere l’ariana (!!!!) nazione italiana. Risultato: ronde verdi e ronde nere si eliminano a vicenda, risolvendo così l’inquietante problema della loro esistenza.
Ecco infine arrivare le ronde arcobaleno. Personaggi che non hanno bisogno di ronzare o marciare per migliorare i problemi del proprio territorio, ma che con spirito aperto, consapevole e responsabile cercano nel sottobosco cittadino e nel più silente anonimato di migliorare il mondo in cui vivono. Di loro nessuno parla, ma è di loro che l’Italia ha bisogno.

Malgrado siano comunque limitate e buffonesche, le ronde sono un fenomeno che andrebbe sociologicamente e politicamente analizzato con cautela. Senza dimenticare l’estremismo politico di molti rondisti, esse sollevano alcune riflessioni sul funzionamento della nostra società, sul ruolo dello stato e della giustizia. La sicurezza, di cui l’attuale governo si fece portavoce in campagna elettorale, viene colpita con un taglio di denaro senza precedenti, un miliardo di euro in tre anni. Nel luglio 2008 vi è stata a Roma una grande manifestazione da parte di forze dell’ordine e militari che protestarono contro questi tagli. Felice Romano, segretario del Sindacato italiano unitario lavoratori polizia (Siulp) affermò allora che in tre anni l'organico complessivo di forze dell'ordine e di difesa sarebbe stato ridotto di 40 mila persone […] ( http://www.corriere.it/politica/08_luglio_17/agenti_in_piazza_ae655a8a-53b1-11dd-a440-00144f02aabc.shtml ). A Roma ci sono 10/12 volanti che pattugliano la città con un equipaggio di due persone. Nel 1993 ce ne erano 23, e con tre persone su ogni macchina ( htt://www.presadiretta.rai.it/category/0,1067207,1067208-1086474,00.html ). Si promette sicurezza e si smantella sulle forze dell’ordine, da qui l’eroico cittadino si mette a disposizione per difendere lui stesso la comunità.
Inoltre, la copertura mediatica di episodi di violenza e criminalità (chiaro, di certi episodi, non di altri), crea quell’insicurezza necessaria al potere politico per legittimare il proprio apparato repressivo e sventolare slogan elettorali. Come per esempio, la disperata idea di inviare i militari a pattugliare le città, come indicato dal decreto legge firmato il 24 luglio 2008( http://www.ministerointerno.it/mininterno/site/it/sezioni/sala_stampa/speciali/Pacchetto_sicurezza/index.html ). Tuttavia anche i militi in divisa che pattugliano spaesati il colosseo o il duomo di Firenze non bastano a creare sicurezza (ma appunto, non bisogna creare sicurezza!). Ecco quindi prevalere nel cittadino militante (il leghista, il fascista; l’elettore di chi, malgrado sia al potere, si prefigge di combattere il potere) la volontà di farsi giustizia da sé. In altre parole: la sconfitta della legalità. La sconfitta di un potere statale che, con le sue leggi e con i suoi mezzi (polizia, esercito), si prefigge originariamente, attraverso il monopolio legittimo della violenza fisica, di mantenere ordine e sicurezza al di sopra delle parti e in maniera giusta. Perché si sa, la legge è uguale per tutti. Quando però il cittadino si rende conto che non è così, che la legge non è uguale per tutti e che la giustizia è un concetto astratto e soggettivo, ecco che egli sente intrinsecamente il bisogno di farsela da solo. Da qui le ronde, questa è l’ipotesi.

sabato 3 ottobre 2009

Lo scudo fiscale e l'opposizione all'ospedale!


"Cicciolina é stata l'unico uomo politico italiano a farsi fare quello che gli altri uomini politici hanno fatto agli italiani" Giorgio Faletti

Lo scudo fiscale che permette ai capitali (ma anche yacht, alle ville, ai gioielli, ecc. ) detenuti illegalmente all’estero di essere rimpatriati legalmente, cancellando tra gli altri i reati di falso in bilancio e la distruzione di documenti contabili, è l’ennesima, discutibile legge voluta in Italia dalla maggioranza. Da oggi lo scudo è legge e come tutte le leggi è toccato al parlamento il compito di proporla, discuterla e approvarla. Già famoso per passate sceneggiate e per la presenza di riprovevoli personaggi, ecco che ieri, quando si trattava di approvare o meno lo scudo fiscale, il parlamento, maggioranza e opposizione della Camera dei deputati, ha dato ancora una volta il meglio di sé. All’appello sui banchi della Camera mancavano 56 deputati della maggioranza: l’occasione era quindi ghiotta per l’opposizione che aveva numericamente la possibilità di opporsi a questa legge e di mettere finalmente l’odiato governo con le spalle al muro. E invece no, una folta schiera di assenti, 29 per l’esattezza, caratterizzava anche la diligente e rispettabile opposizione. La battaglia contro lo scudo fiscale, persa per 22 voti, è quindi evidentemente riconducibile (d'accordo, non solo) alle assenze di un’opposizione che si vuole solo di facciata, di belle parole e di pomposi congressi, di litigi tra leader, di barche a vela, tarallucci e vino. Chi ci crede più all’opposizione in Italia? Un’opposizione che ieri ha avuto la possibilità di infierire un duro colpo al governo, diventando a sua volta maggioranza e bocciando questa disperata legge. Invece qualcuno era dal dottore, qualcun altro in missione politica (??), altri ancora a trastullarsi allegramente sul divano, ed ecco andare in scena l’ennesima figuraccia de Partito democratico e compagni di merende. Ora che si invocano sanzioni ai disertori cosa penseranno di questa opposizione quelle persone che dovrebbero rappresentare il bacino elettorale del PD? Cosa penseranno quei lavoratori precari che ogni mattino si alzano per andare a lavorare, e che non possono mancare neanche se si ha la febbre, perché si sa, il cartellino va timbrato, e se si è assenti la misera pagnotta non la si porta a casa? Se lo scudo fiscale è una vittoria di furbi e furbetti, la dinamica della sua approvazione e la sconfitta di chi tanto furbo non é. E il PdL sorride.