lunedì 29 marzo 2010

I sogni del finanziere!


Sabato 27 marzo 2010: dalle colonne della Basler Zeitung il finanziere ticinese Tito Tettamanti (NB, proprietario del giornale) se la prende con la mediocrità dei burocrati e politici svizzeri. Dopo avere sottolineato la sua mirabolante parabola e il fatto di possedere una biblioteca personale con oltre 30 000 volumi (sottointendendo forse che un tal numero ne aumenti l’autorevolezza…), il finanziere propone nomi concreti per combattere la mediocrità della classe politica elvetica. Affermando di non decidere in base alle ideologie e ai colori dei partiti, propone l’ex sindacalista e capo del SECO Serge Gaillard come ministro degli interni. Poi però il “nostro” Tito va oltre. In governo vorrebbe, come ministro delle finanze, Joeseph Ackerman, svizzero e CEO della Deutsche Bank e, come ministro degli esteri, Peter Brabeck CEO di Nestlé, sottolineando ironicamente il fatto che quest’ultimo sia malauguratamente…austriaco (“wenn er kein Österreicher wäre”).

Tettamanti, ma per cosa ha preso il Consiglio federale? Le ricordo che non è un consiglio di amministrazione privato (sarebbe bello no?). Quello, caro finanziere, arriva dopo. Prima vi è la gavetta politica. Poi (ma solo poi), se si è servito bene gli interessi delle grandi banche e delle multinazionali elvetiche, si potrà fare accomodare le proprie stanche chiappe sulla seggiola di qualcuna di queste istituzioni private. Non è vero Kaspar Villiger e compagnia?


PS1: tra l’altro dove è domiciliato il signor Tettamanti? No, perché se per caso fosse domiciliato a Montecarlo la pregherei di intervenire sulla politica relativa al principato monegasco.

martedì 23 marzo 2010

Perdersi in un bicchier d'acqua!



“Pas de droit à un verre d’eau gratuit. Un grande nombre de restaurants offrent de l’eau du robinet à la demande de leur clientèle. Mais le client n’a pas droit à un verre d’eau gratuit. Le restaurateur peut fixer un prix pour cela, car un service coûte également de l’argent. S’il s’agit de l’eau du robinet ou de l’eau minérale, ne fait pas une grande différence, car ce service signifie toujours des dépenses et des coûts pour l’hôte. A long terme, aucun entrepreneur ne peut se permettre de proposer produits et services gratuitement ou à un prix inférieur à ces propres dépenses. » (1)

Ieri era la giornata internazionale dell’acqua. E con un tempismo tipicamente svizzero Gastrosuisse (l’associazione dei ristoratori e albergatori) risponde, tramite comunicato stampa, alla richiesta delle associazioni dei consumatori che chiedevano di garantire gratuitamente il classico bicchiere d’acqua. Ma costa così tanto l’acqua in Svizzera? In media si calcola che 1000 litri di acqua costano 1.60fr (2). Stimiamo a 2dl la capienza media di un bicchiere e otteniamo un costo di 0.00032 franchi a bicchiere. D’accordo, un bicchiere va servito, lavato e asciugato ma il problema non è tanto il costo del servizio, quanto il mancato guadagno dalla vendita di acqua in bottiglia...
Ci viene detto che un servizio non può essere gratuito: “Gratuit n’est jamais pour rien – aussi un service coûte de l’argent » (3). Ora, mi chiedo, ma perché non ci fanno pagare anche la carta da cesso?


PS1: il testo in francese è preso direttamente dal comunicato stampa di Gastrosuisse, per cui i presunti errori sono da imputare alla loro traduzione dal tedesco

PS2: Almeno in Ticino la legge sull’albergheria e sulla ristorazione prevede la distribuzione gratuita di un bicchiere d’acqua ad ogni piatto principale.


1) http://www.gastrosuisse.ch/dbFile/95976/F_Wasser.pdf
2)http://www.trinkwasser.ch/italiano/frameset_it.htm?html/wasserversorgung/nav_wvs_i.html~leftFrame
3)http://www.gastrosuisse.ch/dbFile/95976/F_Wasser.pdf

lunedì 22 marzo 2010

E anche gli USA pagan dazio!

Sussidi agricoli: il Brasile lancia la sfida agli Stati Uniti e propone, con il benestare dell'OMC, una lista di prodotti soggetti a sanzioni economiche.



L’Organizzazione Mondiale del Commercio ha stabilito il diritto del Brasile ad applicare sanzioni commerciali contro gli Stati Uniti, colpevoli di sostenere con lauti sussidi la propria agricoltura e la propria industria. Nello specifico la decisione riguarda i sussidi al cotone, ma secondo le stesse regole dell’OMC, arditamente imposte dai paesi industrializzati (USA in testa), il Brasile ha il diritto di estenderle ad altri settori di beni e servizi (cross-retaliation, il principio delle ritorsioni incrociate). Vien da dire: chi di spada ferisce, di spada perisce.
Una vittoria molto importante, che mette a nudo l’ipocrisia del libero commercio inteso da Washington: liberismo per i poveri e assistenzialismo per i ricchi. Il Brasile potrà così applicare delle sanzione (aumentare i dazi anche del 50%) a tutti quei prodotti statunitensi sussidiati dallo stato: automobili, frutta secca, latte in polvere, occhiali da sole, cotone, ecc. Una lista di 102 beni e servizi sottoposti a queste milionarie sanzioni (591 milioni $ annui) è disponibile sul sito della camera del Commercio estero brasiliano: http://www.mdic.gov.br/arquivos/dwnl_1268063292.pdf

La distorsione del libero mercato che, fino ad ora, permetteva a prodotti sussidiati USA (il cotone, finanziato con miliardi di dollari annui, è un esempio scandaloso) di essere esportati in paesi dove, al contrario, gli accordi internazionali vietavano ogni genere di sussidio, viene così frenata dal Brasile. Una distorsione che fino ad oggi ha avuto gravi conseguenze in molti paesi, soprattutto nel settore agricolo dove si imponeva l’apertura dei mercati a condizioni sleali. Ora, come dice Gennaro Carotenuto sulla rivista “LatinoAmerica” gli USA “hanno le mani legate dalla loro stessa pretesa di avere le mani libere e di poterle legare agli altri”. È impensabile che il governo Obama si metta a smantellare il fitto sistema di sussidi, a meno che le pressioni di altri settori industriali svantaggiati dalla sentenza brasiliana obblighino lo stesso Obama ad un ripensamento. Le sanzioni di Brasilia sono (per una volta) un duro colpo agli USA, costretti letteralmente a pagare dazio. In questa decisione il Brasile dimostra inoltre, ancora una volta, la sua crescente influenza (e indipendenza) nell’arena internazionale. Una scelta che speriamo possa avere delle influenze positive per tutti gli stati africani produttori svantaggiati di cotone (Senegal, Mali, ecc.) che da almeno un decennio protestano invano contro questo perverso modo di intendere il libero commercio.

Fonti:
http://www.ip-watch.org/2010/03/18/the-us-cotton-case-the-truth-behind-brazil%E2%80%99s-cross-retaliation-against-us-intellectual-property/

http://en.mercopress.com/2010/03/09/brazil-us-wto-cotton-retaliatory-dispute-takes-off

http://it.peacereporter.net/articolo/20662/La+voce+grossa+di+Brasilia

http://www.giannimina-latinoamerica.it/archivio-notizie/549-il-brasile-vince-nella-omc-sanzioni-contro-gli-stati-uniti

sabato 20 marzo 2010

Seminare l'avvenire!


Seminare l'avvenire. Con questo slogan si é svolta oggi a Pully una simpatica manifestazione. Un folto gruppo di cittadini,composto in gran parte da famiglie con bambini, ha partecipato alla semina collettiva di un terreno messo a disposizione dal comune. Un'azione simbolica, forse romantica, ma che in spirito partecipativo mette la popolazione - e soprattutto i bambini - di fronte all'ancestrale atto della semina. Un atto quasi banalizzato dal nostro vivere quotidiano, del quale é quindi bene ricordarne l'importanza. Nella speranza che i bambini sapranno sempre che le piante nascono dai semi e che l'uovo esce dal culo - sì propri da lì- della gallina.

Un gesto militante e pacifico, svolto a pochi metri dal campo sperimentale PNR59 ("programma nazionale di ricerca"), dove a campo aperto si testa la resistenza all'oidio di alcune varietà transgeniche di grano. La varietà di grano fiorina, selezionata naturalmente dalla stazione agronomica di Changins, é stata così sparsa sul terreno, a dimostrare che un altro modo di fare agricoltura é possibile.

venerdì 19 marzo 2010

Biopirateria dell’aglio orsino!



La notizia è di ieri: “la polizia di Mendrisio ha sequestrato ingenti quantitativi di aglio orsino raccolte in modo abusivo al Parco della Valle della Motta. Le foglie della pianta, ricercate per le loro qualità aromatiche erano destinate ad una ditta argoviese”

Si riproduce così, su scala minore, il fenomeno globale che vede appropriarsi illegalmente materie prime del Sud per trasferirle al Nord. Imprese d’oltralpe scendono in Ticino e s’impossessano d’una pianta selvatica spontanea pensando di fare grossi affari (cosa che avviene regolarmente con le rive dei laghi e, chissà, forse con funghi, castagne, nespole, mirtilli e chi più ne ha più ne metta). Tutto ciò naturalmente senza pagare alcunché alla natura e alle comunità indigene che utilizzano l’Allium Ursinum da più di 3000 anni.
Per vari gruppi locali presenti nelle selve ticinesi, la pianta assume un ruolo importante nell’alimentazione primaverile: depura l’organismo dopo il letargo invernale (proprio come per l’orso, da cui appunto: aglio orsino). Nel medioevo si bruciavano le foglie per scacciare gli spiriti maligni. Oggi, il suo delicato aroma aglioso è sempre più di moda: nei grandi magazzini è così aumentata l’offerta di formaggi, formaggini, ravioli e gnocchi al prelibato aglio dell’orso.
Inoltre l’Allium Ursinum é una pianta medicinale molto interessante, nota dall’antichità per le proprietà depurative, antisettiche, antiasmatiche, ipotensive, diuretiche, vaso-dilatatrici e febbrifughe. Una pianta, dunque, che fa gola all’industria, che ne ricava, oltre che alimenti, disinfettanti e repellenti. Tutto ciò, naturalmente, senza condividere. Insomma, biopirateria in salsa elvetica.
Ricordiamo che la raccolta di piante selvatiche a fini commerciali è soggetta ad autorizzazione da parte dell’Ufficio cantonale della natura e paesaggio. Ma si sa, sulla carta anche le rive dei laghi sono pubbliche….

http://www.rsi.ch/it/home/networks/la1/ilquotidiano.html?po=ee5c2b3f-2fc4-47c7-801c-1c1d1d320f7a&pos=1de4e5fe-7593-4906-9639-27d25bf53254&date=&stream=low#tabEdition


mercoledì 17 marzo 2010

L'incesto nascosto!

Nuove rivelazioni sui rapporti proibiti tra mondo politico e mondo economico in Svizzera.


Finalmente ! Le relazioni tra politica e affari nel nostro paese, vero e proprio esempio di prostituzione della cosa pubblica, trovano infine risalto su qualche giornale. Domenica “il Caffè” ha infatti proposto un interessante approfondimento su questo fenomeno (1). Prendendo spunto da un articolo pubblicato dal settimanale svizzero tedesco “das Magazine” (2) e ripreso anche in Italia da “l’Internazionale”, si cerca di snodare il complicato intreccio tra politica e affari, di capire chi tira i fili di quel grande teatrino di marionette che è la politica svizzera.

Dall’approfondimento emerge qualche interessante considerazione che si può collegare a quanto affermato qualche settimana fa, a proposito della segreta riunione di Rive Raine. In primo luogo, come afferma il sociologo Cattacin, l’illusione che il politico sia solo il rappresentante del popolo. In realtà siamo di fronte ad un “miraggio confederale” dove :

“ […]i parlamentari diventano rappresentanti di banche, di associazioni di contadini, di sindacati, di regioni o di industrie e chi ha i soldi può comperarsi un po’ di parlamentari. In questo modo, l’accesso all’assemblea legislativa diventa doppiamente legittimo: c’è il voto, democratico, e c’è l’interesse, più o meno concreto o più o meno ideologico. Il parlamento diventa così la camera del popolo, ma anche la camera degli interessi presenti nel Paese. Cosa c’è di male? Magari solo il fatto che esistono interessi che hanno più potere di altri e che noi, in fin dei conti, non sappiamo quali interessi votiamo.” (3)

Un secondo punto interessante è quello del carrierismo politico. L’esempio del ticinese Flavio Cotti, spiega molto bene come, senza l’aiuto esterno di qualche interesse privato, in politica non vai da nessuna parte. Di Cotti avevamo parlato indicandone i piacevoli incarichi avuti dopo la sua carriera di consigliere federale (soprattutto al Crédit Suisse). L’inchiesta di “das Magazine”, ripresa da “il Caffè”, spiega invece la carriera del politico (ma non solo) ticinese prima che diventi ministro. Si spiega in che modo il neoconsigliere nazionale Cotti diventò subito presidente del PPD svizzero, fatto strano per un neoparlamentare. Secondo l’inchiesta, Cotti fu eletto per volere dell’allora direttore di SBS (ora UBS) Franz Lusser e del membro del cda della stessa banca Philippe de Weck. Entrambi iscritti ad un PPD allora in grave crisi finanziaria, decisero di finanziare il partito a patto che Cotti, molto vicino allo stesso Lusser e agli interessi del mondo economico/bancario, fosse eletto come presidente di partito. E così fu (4)!

Come spiega, sempre sulle pagine de “il Caffè” (7.3.2010), l’economista Loretta Napoleoni il fatto che personaggi politici del nostro paese fanno parte di commissioni bancarie e percepiscono anche 70 000 franchi annui per partecipare a qualche riunione, evidenzia le speranze che il mondo economico ripone negli uomini politici: “non si tratta di un compenso, piuttosto è un investimento che la banca fa per assicurarsi che costoro difendano, quale ce ne sia bisogno, i propri interessi in parlamento” (5).

Tempo fa ho messo il link degli interessi dichiarati dai parlamentari, ponendo il dubbio che questi interessi fossero solo quelli tranquillamente dichiarabili (6). Ma di quelli nascosti e più segreti? La zona d’ombra degli interessi occulti è troppo spessa. Se vogliamo dare maggiore credibilità alla politica (ma lo vogliamo?) dovremmo fare in modo che tutti gli interessi siano classati e resi facilmente accessibili al pubblico (metterli su Internet per esempio). Altra faccenda da rendere più trasparente e pubblica sono i finanziamenti dei partiti e delle campagne elettorali. Sempre nell’approfondimento de “il Caffè” si fa accenno ad una cifra di 2 milioni che le due grandi banche, UBS e Crédit Suisse, versano annualmente ai tre partiti borghesi PLR, UDC e PPD. I dati si fondano su un’inchiesta del 2008 del domenicale Sonntag Blick. Anche in questo caso, nessuna trasparenza, nessuna informazione pubblica, solo rivelazioni (spesso anonime) di membri di partito (7). Perché non si pubblicano cifre chiare? Forse sarebbe troppo imbarazzante spiegare come, nel 2007, i partiti hanno speso 50 milioni in campagne elettorali di fronte a budget di soli 16.6 milioni. Chi paga la differenza?




Note:

1) http://www.caffe.ch/mycaffe/dettaglio.php?id=46714
2) http://dasmagazin.ch/index.php?issue=2010-5
3) http://www.caffe.ch/mycaffe/dettaglio.php?id=46718
4) http://www.caffe.ch/mycaffe/dettaglio.php?id=46719
5) http://www.caffe.ch/mycaffe/opinioni.php?id=46654
http://dasmagazin.ch/index.php/die-heimliche-macht-des-geldes/
6) http://loradelleresia.blogspot.com/2010/01/ma-cosa-ci-rappresenti.html
7) http://www.caffe.ch/mycaffe/dettaglio.php?id=46717

giovedì 11 marzo 2010

Era solo questione di tempo!

the moratorium may be a matter of historical interest, but the burgeoning biotechnology industry that represents $5.6 billion a year and more than 1 million acres of crop worldwide is an inescapable reality. The “frankenfood” has been patiently waiting at Europe’s doorstep, but the EU seems in no rush to let it. Unfortunately for the EU, it will keep doing exactly what it was designed to do: keep growing.” (1)

Due motivi meno conosciuti che hanno influito sulla recente decisione della Commissione europea di dare via libera alla coltivazione della patata Amflora, prodotta dalla tedesca Basf, e a tre varietà di mais di Monsanto: la mancanza d’indipendenza delle autorità di controllo e la rivalità commerciale tra Europa e Stati Uniti

Spesso si é accennato al forte conflitto di interessi tra l’industria biotech e gli organi di regolamentazione pubblica. Non basterebbe questo blog per elencare i nomi di personaggi che, negli Stati Uniti, hanno fatto l’altalena tra posti alla Monsanto e alla DuPont e mandati alla Food and Drug Administration (FDA), al US Departement of Agricolture (USDA) o all’Environmental Protection Agency (EPA). La storia é piena d’esempi clamorosi, ed é inutile affermare che questi legami hanno fatto sì che la legislazione statunitense sugli OGM sia da sempre favorevole all’agroindustria (vedi il principio di sostanziale equivalenza che non obbliga ad indicare sulle etichette la presenza di prodotti geneticamente modificati, ecc.). Proprio dagli USA, proprio da questi amori proibiti é poi partita l’invasione biotech.

Se tutto ciò ci insegna qualcosa, la recente approvazione della Commissione europea porta a sospettare che anche le agenzie europee non siano immuni alle “avances” dell’agrobusiness. L’associazione lobbystica delle imprese biotech, EuropaBio, dal 1996 é attiva a livello europeo per favorire una regolamentazione più permissiva. Un’attività che oggi ha portato i propri frutti. Già nel 2005 l’associazione parlava fiduciosa del proprio operato: “EuropaBio has collaborated regularly with the Commission to ensure that this process has progressed smoothly […]”(2).
Se EuropaBio in sostanza fa quello per cui esiste - è un gruppo di pressione e si comporta come tale – quello che lascia perplesso è l’indipendenza degli organi di controllo pubblici. Nella scelta di approvare la patata Amflora e i tre mais di Monsanto, la commissione europea si é appoggiata sul giudizio dell’AESA, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare. Già in passato la competenza e l’indipendenza di quest’agenzia é stata messa in discussione. Un recente esempio sembra mostrare la fondatezza di tali preoccupazioni. Suzy Renckesns, dal 2005 al 2008 direttrice del dipartimento OGM dell’AESA e coordinatrice del gruppo europeo di esperti scientifici sull’agricoltura genetica, è passata dall’alta parte: un mese dopo la fine del suo incarico pubblico è stata assunta da Syngenta. Per fare cosa? Per occuparsi, in tanto che Head of Biotech Regulatory Affairs for Europe, Africa and the Middle East, di influenzare il processo decisionale presso gli organi europei di controllo, quelli che un mese prima erano i suoi colleghi. Coincidenze?!
Il 21 gennaio il presidente Barroso veniva informato (nel caso non lo sapesse) di questo lampante conflitto di interesse tramite una lettera redatta da una coalizione di ONG (3), nella quale si pone l’attenzione sulla mancanza d’indipendenza di queste agenzie. Barroso e compagni sembrano non essersi sorpresi più di quel tento e la missiva non ha così dato esito alcuno.
Quello della Renckens è un esempio, ma non faccio fatica a dubitare che ve ne siano molti altri. Il fenomeno dell’altalena, che in inglese prese il nome di “Revolving Doors”, si sta quindi facendo largo anche in Europa. Per cui, una riflessione sull’effettiva indipendenza di queste scelte fondamentali non è poi così banale (o trascurabile dall’informazione).

Un altro fattore, tenuto poco in considerazione nella miriade di articoli che sono stati scritti in questi giorni, é quello della concorrenza industriale tra USA e UE. Dopo anni di arretratezza nel settore, l’Europa sta vedendo fiorire i propri giganti agrobiotech: Syngenta (che ha sede in Svizzera, ma che di svizzero a poco), Basf e Bayer. Queste due ultime imprese, veri colossi industriali europei, sono gli ultimi arrivati nel settore delle agrobiotecnologie. Dopo anni di laboratori, solo ora sono in grado di competere con le superpotenze statunitensi Monsanto, DuPont e Dow.
Non è quindi un caso se per 12 anni l’UE ha sempre vietato le richieste d’autorizzazione di Monsanto. Certo, vi era un altro approccio giuridico alla valutazione dei rischi, il principio di precauzione, ma, così come sostenevano dall’altra parte dell’Atlantico, è indubbio che la scelta Europea era anche commerciale.
Già in passato ci furono contrasti tra USA e UE nel campo del commercio agricolo (vedi il caso della mucca pazza). Gli OGM si sono inseriti in questa battaglia scientifico/commerciale, diventandone l’elemento chiave. Nel 2006 l’associazione lobbystica statunitense BIO (Biotechnology Industry Organizations) affermava che il blocco europeo ha impedito l’esportazione di 300 milioni di dollari di prodotti agricoli statunitensi. Sotto la pressione dell’industria (4) il governo statunitense (assieme a Canada e Argentina) ha dunque citato l’UE presso l’organizzazione mondiale del commercio contro la moratoria, vista come una scelta politica anziché scientifica. L’OMC ha dato ragione ai ricorrenti, facendo così pressione sull’Europa affinché togliesse la sua moratoria.
È indubbio che dietro il bando europeo non vi era solo un’impronta ecologista e precauzionale, ma vi si nascondevano anche importanti interessi industriali, in un settore chiave come quello dell’innovazione biotecnologia. Già nel 2002 in un documento della Commissione si ricorda il ruolo strategico giocato dalle biotecnologie, preoccupandosi del ritardo accumulato nei confronti degli americani (5). Cosa è successo? Con la moratoria si ha potuto frenare l’invasone di prodotti biotech statunitensi e colmare questo ritardo. Ora é arrivata la Basf, gigante industriale tedesco pronto ormai a lanciare i propri prodotti sul mercato, la Bayer anche lei incalza. Tutto cambia: la sfida é lanciata, la moratoria finita. Coincidenze?!

PS1: Ringrazio i media tradizionali, detti anche i chiuhuhaha, che mi hanno fornito tali informazioni (sìsì proprio…)
PS2: La storia recente della Basf (e della Bayer) merita un approfondimento. Cosa c’entra con l’agricoltura la multinazionale chimica tedesca? Spero di riuscire nei prossimi giorni a mostrarlo.

Note:

1)Malin R., Frankenfood Redux. Europedrags its feet on GMO^s regulation, Haward Political Review, Vol33, No.4, 2007, p.13
2) EuropaBio, Annual Report 2005: Biotechnology for a quality of life in a sustainable society”, p.17-18
3) http://www.scribd.com/doc/25706658/Lettre-de-Testbiotech-a-Manuel-Barroso
http://www.testbiotech.org/en/node/260
http://www.bastamag.net/article871.html
http://www.corporateeurope.org/system/files/files/openletter/PR+211010_Renckens_EFSA_en.pdf
http://www.sueddeutsche.de/wissen/584/500847/text/
3.1)
4) Meky E., WTO Biotech Ruling Reveals Special Interests, Say Critics, Inter Presse Service, 09.02.2006
5) Commission Européenne, Science du vivant et biotechnologie – Une stratégie pour l’Europe, Office de publications officielles de la Communauté européenne

http://www.gmo-compass.org/eng/gmo/db/

martedì 9 marzo 2010

Svizzera: OGM no grazie!


Dopo che il consiglio degli stati si era già pronunciato sul tema, ieri anche il consiglio nazionale ha deciso (106 voti a 68) di prolungare fino al 2013 la moratoria sull’impiego agricolo degli organismi geneticamente modificati. Il nazionale ha bocciato così la proposta liberale/radicale di non entrata in materia (!!)

Nel 2005 il popolo accettò l’iniziativa “per alimenti prodotti senza manipolazioni genetiche”, la cui moratoria sarebbe però scaduta nel novembre di quest’anno. Con questa scelta le due camere del parlamento prorogano di altri tre anni il divieto di coltivare OGM (anche se per motivi sperimentali si potrà, vedi Pully e canton Zurigo).

Dopo la recente decisione della commissione europea che ha dato il via libera alla coltivazione della patata Amflora di Basf e di tre qualità di mais transgenico Monsanto, la scelta del parlamento elvetico é, per una volta, piacevolmente controcorrente. Quanto tempo ancora resisterà l’isola Svizzera alla marea oceanica OGM?

lunedì 8 marzo 2010

Il settore agroalimentare e il diritto all'alimentazione: il rapporto del commissario ONU!


Olivier De Schutter, commissario speciale dell’ONU per il diritto all’alimentazione, ha presentato venerdì il suo secondo rapporto al Consiglio dei diritti dell’uomo. Se l’anno scorso de Schutter si era focalizzato sull’impatto negativo del monopolio sulle semenze detenuto da poche multinazionali quest’anno l’accento è messo sullo squilibrio di potere che esiste tra l’industria agroalimentare e i piccoli agricoltori. Il rapporto conclude che in un settore come quello dell’alimentazione, sempre più mondializzato e dominato da grandi società transnazionali, i piccoli agricoltori hanno un potere di negoziazione troppo debole. Ciò, naturalmente a scapito del loro diritto all’alimentazione. Avendo a che fare con un numero limitato di acquirenti, i piccoli produttori di materie prime si trovano in una posizione di disuguaglianza profonda quando si tratta di negoziare un prezzo equo per i loro raccolti. Questi raccolti sono sovente la loro principale fonte di sussistenza, ecco perché i piccoli agricoltori sono le prime vittime della crisi alimentare: “dans de telles conditions, les politiques d’approvisionnement et de tarification des acheteurs des denrées agricoles ont un impact marqué, parfois négatif, sur le droit à l’alimentation. Cette situation explique en partie pourquoi les petits exploitants des pays en développement constituent le groupe le plus importante de gens souffrant la faim dans le monde actuel.”

Il rapporto si conclude con dieci raccomandazioni indirizzate agli stati e al settore agroalimentare con l’obiettivo di contribuire alla realizzazione del diritto all’alimentazione. Ci si augura di contribuire a fare in modo che l’industria agroalimentare e gli stati si rendano conto delle loro responsabilità e prendano coscienza degli obblighi a cui sono tenuti a sottostare, così come prescrive il diritto internazionale. Resta difficile capire come fare passare il messaggio a chi, nella propria ragione d’essere, ha altri e opposti obiettivi. Per maggiori informazioni ecco il rapporto:

http://www.srfood.org/images/stories/pdf/officialreports/20100305_a-hrc-13-33_agribusiness_fr.pdf

PS: in un'intervista che de Schutter ha rilasciato nel 2008 a "LE MONDE" il giornalista resta perplesso dalle parole del commissario ONU e conclude: "combien de temps Mr Olivier de Schutter va-t-il tenir dans ses analyses et dans ses fonctions
avant d’être viré?" Strano, ma per ora é ancora lì. Anche se dell'effettivo potere della sua carica non possiamo che dubitare.

http://bboeton.wordpress.com/2008/05/10/la-main-invisible-nest-pas-la-solution-cest-le-probleme/

giovedì 4 marzo 2010

La superpatatonza!


Inutile. Quasi impossibile fermare uno tsunami. Si possono costruire dighe o sviluppare sistemi di allerta, ma quando l’onda anomala si scatena questi sistemi di sicurezza possono solo limitarne l’impatto. Lo stesso vale oramai per gli OGM. Qualche giorno fa abbiamo visto i numeri a livello globale, l’irresistibile ascesa. L’unica resistenza veniva dall’Europa. Martedì anche la diga europea ha ceduto. Al vero molte crepe nazionali si stavano creando, soprattutto quella spagnola. Ma ora, dopo 12 anni è finita anche la famosa moratoria. Una battaglia scientifica e politica persa.

Gli OGM, questi mulini a vento giganti che con le loro pale distruggono chiunque voglia farsi contro, si stanno imponendo ovunque. Inutile. Quasi impossibile fermarli. Combattere contro questi mulini sta diventando una battaglia, patetica quanto inutile. Una moderna e goffa epopea donchisciottiana.

Certo, qualche piccola diga qua e là conterrà un po’ d’acqua, ma l’oceano biotech è pronto ad invadere tutte le lande del pianeta. Se qualche isola sopravvivrà (speriamo almeno la Svizzera, che di isole se ne intende), non sarà che una Palau della politica internazionale.

A dar conforto – amara soddisfazione – sono i dati di fatto. L’esempio ci viene proprio dalla fine di questa moratoria, spezzata per far posto a quella superpatata che lascia trasparire una perversione quasi erotica. Già li vedo, i biologi molecolari tedeschi, masturbarsi eccitati davanti alla foto della loro Superpatatonza. Quest’ultima, detta Amflora e prodotta dalla Basf, non nutrirà il nostro pianeta (tanto abitato, quanto poco coltivato – ci viene detto). No, questo non sia mai! La Superpatatina produrrà un tubero semplicemente più amidoso, destinato alla produzione di….carta. Ci viene anche detto che però alcuni sottoprodotti di questo amido potranno essere usati per produrre….mangimi animali. Apperò! Li vedo già i bambini, laggiù nello Zambia, saltellare felici per questa splendida notizia.


Note:


vi rimando al comunicato stampa della Basf: http://www.basf.com/group/pressrelease/P-10-179

[…] Amflora produces pure amylopectin starch used in certain technical applications. Food use is not foreseen. […]


NB: molti dubbi di sicurezza rimangono, in particolare quelli legati alla resistenza agli antibiotici.

Inoltre, non essendo destinata all’uso umano, la patata potrà essere inondata per bene da fungicidi, pesticidi e quant’altro,

eccetera eccetera

mercoledì 3 marzo 2010

Le sfide di un presidente!

Mandela, Eastwood e l’invincibile forza dello sport



di Mattia Pacella

Il perdono. È proprio da qui che passa l’identità di una nazione. La forza che questo principio sacro sprigiona libera l’anima, purifica lo spirito, permette all’uomo di migliorare il proprio destino e quello di un intero paese. Insomma, rende invincibili. “Invictus” appunto. È così che Clint Eastwood nella sua ultima opera decide di rappresentare Nelson Mandela, Madiba per gli uomini del suo clan allargato. La persona che dopo ventisei anni di prigionia è riuscita nell’impresa di unificare l’identità nazionale del popolo sudafricano anche con la forza dello sport, con la forza del rugby. Laddove la razza divide, lo sport unisce.

Con la semplicità di un aneddoto, con la singolarità di una vicenda, il momento storico raccontato dal ex-pistolero western trova in questa pellicola il suo giusto equilibro, la sua posizione naturale, spontanea, quasi necessaria rispetto alla stretta attualità. Soprattutto alla vigilia di un evento sportivo internazionale tanto importante come la prima Coppa del Mondo di calcio che si terrà su suolo africano il prossimo giugno. Carica tanto di aspettative quanto di interrogativi e timori.

Sono storie quelle che Eastwood racconta, da Flags of Our Father a Lettere di Iwo Jiwa, fino a Gran Torino e Changeling. Storie di uomini, di individui, distanti da una visione strettamente normativa e romanzesca che indica il mondo come dovrebbe essere, ma piuttosto definisce il mondo come è, ieri come oggi. Storie che permettono di passare dalla sfumatura del dettaglio alla grandezza dell’evento, dalla quotidianità della vita alle difficoltà che in essa sono connaturate. Senza effetti pomposi, senza concessioni alla spettacolarizzazione. Come dice Roberto Saviano : “Clint non sbaglia un colpo”. E qui non si tratta di un colpo a salve, bensì di una pallottola che trafigge lo spettatore di ogni razza e religione, e arriva diretta a toccare ciò che di più sacro esista nell’uomo: la libertà. E Saviano, il significato di libertà, lo conosce bene, tanto quanto la sua scorta.

Sta proprio qui la grandezza dell’autore, girare grandi film pensando in piccolo. Infatti, le sfide di un presidente passano anche dalla naturalezza di vicende comuni, quotidiane, normali, soprattutto all’occhio di uno spettatore disattento (il furgoncino del giornalaio, l’aereo di linea, il ragazzino sospetto). Ma incommensurabili e profondamente azzeccate per l’esempio che vogliono dare. Non soltanto neri che amano il calcio e odiano il rugby perché sport degli Afrikaner bianchi, simbolo dell’apartheid. Un emblema di segregazione tanto odiato da spingere persino a tifare ogni squadra che potesse battere gli stessi Springboks, le antilopi giallo-verdi del Sud Africa.

Se si guarda più in là, si percepisce anche la difficile coesione tra razze che si traduce allo stesso modo nella tensione delle due anime della sicurezza presidenziale. Da un lato i neri, scorta fidata di Mandela, e dall’altro il corpo di sicurezza presidenziale del vecchio regime, composto esclusivamente da bianchi. Entrambi costretti a collaborare l’uno con l’altro per la protezione e la tutela dell’uomo politico, per volere stesso del presidente. Tensioni che Mandela estinguerà con il perdono e la generosità, sorprendendo. “Il sorriso! In pubblico Madiba vuole sempre il sorriso sulla nostra bocca, qualsiasi cosa succeda”, dice un addetto della scorta. È anche così che si crea la coesione. E Mandela lo sa bene. Capisce sin da subito che la sua immagine pubblica è un’arma efficace, che l’unificazione passa anche da questi piccoli fatti. Ed è qui che si concretizza il perdono verso l’altro, verso chi l’ha costretto all’isolamento per anni. Un perdono che deve essere ampliato a tutta una nazione. Con il sorriso.

Nella sua genialità e lungimiranza politica, il presidente – interpretato da uno eccelso Morgan Freeman – intuisce che per creare un’identità popolare, una coesione nazionale, lo sport della minoranza bianca deve essere apprezzato dalla maggioranza nera, lui che questa minoranza l’ha per tanto tempo studiata. Da un lato le tradizioni e usanze dell’élite economica e militare bianca e dall’altro la sete di vendetta e di rivincita della massa nera oppressa per troppo tempo. "Il calcio è uno sport da gentiluomini giocato da selvaggi, il rugby è uno sport da selvaggi giocato da gentiluomini", questo è il detto che si vuole estirpare.

Lui, Mandela, che fino a poco prima il rugby lo detestava e in cella lo scherniva tanto da far innervosire il suo secondino. Ora sa che i tempi sono maturi, il pensiero è volto al futuro, a una nuova nazione. Affidarsi nelle mani del capitano della nazionale di Rugby, François Pieenar – un abile e mai eccessivo Matt Damon, rinvigorito di qualche chilo per la parte – diventa dunque un’abile scelta. Una strategia politica lungimirante e caparbia. Tanto da andare contro le scelte del partito, persino contro le opinioni di chi l’aveva votato. Uno stratagemma a scopo politico per creare consenso, certo, ma anche una scelta opinata fatta con coraggio di leader, con dovizia di responsabilità. I mondiali di rugby diventano così la sfida politica più importante. Più che una narrazione, qui si assiste ad un vero e proprio trattato sociologico degno dei politologi più autorevoli. Il vecchio Clint non sbaglia un colpo. E anche certi politici che oggigiorno si presentano su palchi e palchetti di vari talk-show e varietà televisivi avrebbero da imparare.

L’incontro tra il capitano e il presidente assume forme epiche. Un rispetto reciproco, un coinvolgimento a volte sospettoso, ma cordiale, onesto. Mandela vuole la vittoria, Pieenar non può assicurargliela. Una squadra sfibrata che nessun critico dà come favorita. Ma la rinascita parte dal profondo. Dall’anima. Dai ghetti di Soweto, baraccopoli preclusa ai bianchi, sino alla cella dove per 26 anni Mandela è stato prigioniero. Una vittoria progressiva che parte da lontano, dunque, scalfita in un processo di crescita collettivo non solo di squadra, ma di una nazione intera.

Il finale ce lo si attende. Ma assicuro che assistere alla partita finale contro i favoriti rugbisti maori della Nuova Zelanda è come essere catapultati in una battaglia d’altri tempi. Fisica, maschia, ma sempre onesta, tanto quanto il codice deontologico di uno sport leale e rispettoso come il rugby. Le immagini sono mozzafiato, la fotografia che cattura gli attimi, i battiti del cuore, i ruggiti, lo sforzo, i tacchetti sull’erba, sono struggenti, appassionanti. Si sentono le ossa che scricchiolano, i muscoli che si tendono. Dal cinema si esce sudati, persino con la percezione di avere contusioni sulle spalle. Ma si esce con il sorriso, e la felicità di chi prima di noi ha realizzato un ideale, un sogno. Di chi è il padrone del proprio destino, il capitano della propria anima. Bravo Mandela, non sbagli un colpo!

Mattia Pacella

lunedì 1 marzo 2010

L'irresistibile ascesa!

Continua la marcia trionfale degli OGM.


Come risultato di consistenti e sostanziali benefici produttivi, economici, ambientali e sociali, nel 2009 un record di 14 milioni di piccoli e grandi agricoltori in 25 paesi hanno piantato 134 milioni di ettari (330 milioni di acri), con un incremento del 7% equivalente a 9 milioni di ettari (22 milioni di acri) rispetto al 2008 […] L’aumento di 80 volte della superficie coltivata con colture biotech tra il 1996 e il 2009 è senza precedenti e fa delle colture biotech la tecnologia adottata con maggior velocità nella storia recente dell’agricoltura; questo riflette la confidenza e la fiducia di milioni di agricoltori in tutto il mondo che hanno continuato in modo consistente a coltivare colture biotech ogni anno fin dal 1996, stimolati dai molti e significativi benefici che esse offrono.” (1) Mai fesseria fu più grande….

In questi giorni a Pechino è stato presentato il tradizionale rapporto sullo stato del commercio delle agrobiotecnologie da parte dell’International Service for the Acquistion of Agri-biotech Applicationms (ISAAA). Quest’ultima è un’istituzione fondata da quei cari filantropi disinteressati della Rockefeller Foundation ed è finanziata, tra gli altri, da Monsanto, Bayer e USAID (2). Il rapporto di quest’anno è interamente sostenuto da due altre organizzazioni filantropiche europee: la fondazione italiana Bussolera-Branca “che sostiene l'aperta condivisione delle applicazioni sulle colture biotecnologiche al fine di migliorare la presa delle decisioni da parte della società internazionale” (3); e l'unità filantropica all'interno di Ibercaja, una delle più grandi banche spagnole. Tutto ciò naturalmente va ad aumentare la già alta considerazione che ho verso questo tipo di filantropia (o licantropia?).

Ecco veloce qualche numero di questo irreversibile fenomeno estrapolato da questo rapporto:
In testa alle coltivazioni Ogm restano gli Stati Uniti d'America (64 milioni ha), al secondo posto il Brasile (21,4 milioni ha.), che ha superato l'Argentina (21,3 milioni ha) con una crescita impressionante nel 2009 (+ 35%) e per buona pace dell’Amazzonia e della sua biodiversità. Seguono l'India (8,4 milioni ha.), il Canada (8,2 milioni ha.), la Cina (3,7 milioni ha), il Paraguay (2,2 milioni ha) e il Sudafrica (2,1 milioni ha). Gli altri Paesi con coltivazioni OGM di un certo peso sono Bolivia, Filippine, Australia, Burkina Faso, Spagna, Messico, Cile, Colombia, Honduras, Repubblica Ceca, Portogallo, Romania, Polonia, Costa Rica, Egitto e Slovacchia.

Solo l’Unione Europea è in controtendenza con una diminuzione degli OGM coltivati, soprattutto grazie alla Germania che ha stoppato le sue coltivazioni biotecnologiche. L’80% della coltivazione di OGM in Europa è spagnola.

Oltre al Brasile impressiona anche l’esplosione del cotone OGM in Burkina Faso che ha raggiunto il 29% della produzione totale del paese africano che, immagino, continui ad essere molto povero. In Africa l’avanzata continua: + 17% in Sudafrica e + 15% in Egitto.

In generale i paesi in via di sviluppo fanno segnare un aumento più marcato (+13%) rispetto ai grossi paesi industrializzati (+ 3%). A medio termine le prospettive indicate sono ancor più inquietanti: entro il 2010 ci sarà la commercializzazione del cotone OGM in Pachistan, quarto più grande produttore di cotone, la potenziale adozione di cotone e mais biotech in altri paesi africani (Malawi, Kenya, Uganda e Mali su tutti), l’adozione del famoso Golden Rice (un riso che per soddisfare le miracolose facoltà con cui viene pubblicizzato bisogna mangiarne 9kg al giorno! (4)) nelle Filippine nel 2012 e in India e Bangladesh entro il 2015, e poi l'Indonesia, il Vietnam e la Cina. Quest'ultima si affaccia come poteniale potenza biotecnologica del pianeta.

Il 46% degli ettari globali di OGM è oramai in paesi in via di sviluppo. Ci si aspetta un superamento entro il 2015, l’anno del “Millenium Develpopment Year” ossia la data che la comunità internazionale si è prefissata per dimezzare fame e povertà. Il rapporto a proposito ci dice: “Biotech crops are already contributing to this goal, and the potential for the future is enormous”. D’altronde tutti i dati emersi quest’anno lo confermano. Se fra cinque anni sarà così farò il giro del mondo in ginocchio. Ma mi dicono, quelli dell’ISAAA, che mi sbaglio ancora, che le cause sono soluzioni:

“A seguito della crisi alimentare del 2008 (che ha causato rivolte in oltre 30 paesi in via di sviluppo e rovesciato il governo in due di questi – Haiti e Madagascar), c’è stata la presa di coscienza da parte della società globale del grave rischio per il cibo e la pubblica sicurezza. Come risultato, si è registrato un significativo aumento della volontà politica e del supporto verso le colture biotec nel gruppo dei paesi donatori, nella comunità scientifica e per lo sviluppo internazionale e tra i leader dei paesi in via di sviluppo. Più in generale, c’è stata una rinascita e il riconoscimento del ruolo essenziale dell’agricoltura per il sostegno alla vita da parte della società globale e, importante, il suo ruolo vitale per assicurare una società globale più giusta e pacifica. In particolare, c’è stato un accorato appello per raggiungere “una sostanziale e sostenibile intensificazione della produttività delle colture, per assicurare l’autosufficienza alimentare e la sicurezza alimentare, utilizzando sia applicazioni convenzionali che biotecnologiche”.

Stop! Sto facendo troppo leva sulla mia fragile pazienza nell’osservare questo rapporto, per cui smetto subito di farlo.

Fonti

Per chi fosse interessato: http://www.isaaa.org/;
per un sintesi in italiano: http://www.isaaa.org/resources/publications/briefs/41/highlights/pdf/Brief%2041%20-%20Highlights%20-%20Italian.pdf).

1)http://www.isaaa.org/resources/publications/briefs/41/highlights/pdf/Brief%2041%20-%20Highlights%20-%20Italian.pdf
2)http://www.isaaa.org/inbrief/donors/default.asp
3)http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=3630&lang=it
4)F. William Engdhal: “Seeds of distruction”, Global Research 2007, a proposito soprattutto il capitolo 8: Food is power, p.152-160