mercoledì 16 giugno 2010

Franco Falla e i mondiali di calcio. Quando l’Argentina di Maradona perse dai Leoni d’Africa….



Non tutti i mali vengono per nuocere. Chi l’ha detto infatti che non avere un lavoro serio è una brutta faccenda? Prendiamo i lati positivi. Fare il precario concede tempo e permette di pensare. E non solo per andare in paranoia. In questo periodo di birra e pallone mi affiorano in testa ricordi puramente calcistici. Se qualche datore di lavoro è alla ricerca di uno storico del calcio non esiterei un istante a farmi avanti. Quel posto sarebbe mio. Però dubito che esista, sui giornali leggo solo di lavori inutili e noiosi.

Ma lasciate che mi presenti. Mi chiamano Franco Falla e faccio il precario. Nasco nell’anno in cui esce Thriller di Mikael Jackson, nell’estate in cui si ascoltava “Vamos a la playa dei fratelli Righeira. È il 1983, nascono i NOFX e Vasco arriva penultimo a Sanremo con la vita spericolata.

Spesso mi dispero per la mia situazione professionale. Ma fare il precario in questo periodo è un’attività straordinaria che mi permette di vivere i mondiali in santa pace. Grazie al mio lavoro mi sto guardando tranquillamente Slovacchia - Nuova Zelanda. Slovacchia alla prima partecipazione mondiale, Nuova Zelanda alla seconda, 28 anni dopo Spagna ’82. Imperdibile. Proprio mentre scrivo i neozelandesi pareggiano al 93esimo. Una beffa per gli slovacchi, favoriti sulla carta. Ma si sa, la carta…

Il mio primo vero ricordo sono i mondiali del 1990 in Italia. Nella mia mente sono ancora impresse tutte le figurine dell’album Panini. Mi ricordo i dettagli dei giocatori e delle squadre. Il giocatore più vecchio era il portiere inglese Peter Schilton. Costa Rica ed Emirati Arabi Uniti erano alla loro prima partecipazione mondiale. Nessun evento è impresso nella mia mente più che quelle notti magiche: i goal di Totò Schillaci e i rigori sbagliati da Donadoni e Serena. Quell’ altro rigore messo a segno dall’interista Brehme in una delle finali più brutte della storia.

Nell’album Panini le squadre più deboli avevano due giocatori per figurina. Tra queste il Camerun di Roger Milla, il più vecchio marcatore della storia dei mondiali, oggi protagonista di uno spot per la Coca Cola. Ai mondiali americani segnò il gol nella partita che vide il suo Camerun perdere 6-1 contro la Russia, il cui attaccante Salenko segnò 5 goal (anche questo un record). Quando segnò quel goal Milla aveva 42 anni, un mese e otto giorni. In America il Camerun aveva un giocatore per figurina. Ai mondiali del `90 ne aveva due. L’8 giugno 1990 Argentina - Camerun è la partita inaugurale del mondiale. L’Argentina di Diego Armando Maradona, campione del mondo in carica, contro la sconosciuta squadra africana. Allo stadio Giuseppe Meazza i camerunesi, guidati da un tecnico polacco, dominano dal punto di vista fisico e sorprendono i sudamericani per la loro disciplina tattica. Il Camerun rimane in 10 e l’Argentina appare oramai convinta di accaparrarsi la vittoria. Al minuto 66 accade quello che nessuno poteva immaginare: punizione per il Camerun, la palla respinta e prolungata in aria da un rimpallo arriva sulla testa di Francois Omar-Biyik che, volato altissimo, la insacca alle spalle di un esterrefatto e colpevole Pumpido. Gli africani rimangono in nove ma serrano le file e vincono trionfalmente la partita contro i campioni del mondo in carica. A Youndee, capitale del paese africano, nove persone muoiono d’infarto.

Da allora ho capito che i pronostici sono fatti per essere smentiti. Capii che anche se vali talmente poco sulla carta da non meritarti che mezza figurina sull’album, potevi comunque farcela. Capii che il giudizio degli esperti si tramuta velocemente in aria fritta. Da allora il mio cuore batte per i “Leoni d’Africa” e mi resi conto che c’era ancora qualcosa in cui sperare. Avevo sette anni. Vivevo di calcio e pastasciutta. Grazie al calcio mi aprii ai fatti del mondo. Italia 90 fu l’ultimo mondiale di Unione Sovietica, Cecoslovacchia e Germania Ovest. Qualche anno dopo queste squadre non esistevano più. Intuii che era successo qualcosa. Il calcio come massima espressione di geopolitica.

Venti anni dopo e le situazioni si capovolgono. Siamo in Sudafrica, il favorito Camerun perde contro il Giappone. I “leoni d’Africa” domati dagli emuli di Atton e Lenders. Il calcio è una ruota che gira. Anche se alla fine vincono sempre i soliti: Brasile, Argentina, Italia o Germania.

I pronostici sono fatti per essere smentiti. Oggi c’è Spagna – Svizzera. Per fortuna non lavoro. Faccio il precario e mi guardo i mondiali. Iberici, campioni d’Europa in carica, favoriti sulla carta. Ma si sa, la carta…(e già mi immagino una rete di testa di N Kufo).

E vai....

sabato 12 giugno 2010

Ma perché guardo la TV?


Un paesaggio che modella il mio stato d’animo. Montagne, laghi, mari e torbiere fanno da cornice ai miei sentimenti libertari. Miglia e miglia di solitudine: solo pecore e lande marroni. Qua e là spicca il rosa fosforescente con cui viene marchiato qualche capo ovino. Sembra che qualcuno abbia voluto punire Sid Vicious reincarnandolo in una pecora, costretto a brucare l’immenso spazio libero della Scozia.

Una settimana fa camminavo libero per le strade del nord. Libero finalmente di non pensare, di non scegliere e giudicare. Libero di non scrivere per liberarmi. Finalmente disinteressato. Una settimana (ma in fondo, due mesi) senza giornali, tv e internet. Sette giorni senza politica, guerre, cronaca nera e gossip. Io col mio bioritmo e basta: fantastico. La libertà di non essere informato. Il che equivale alla necessità di non essere disinformato. Una leggera brezza di benessere soffiava sul mio corpo.

Poi torno a casa e non resisto. Stupidamente accendo la TV, proprio quando va in onda il TG1 delle venti. Che coincidenza sfrotunata! L’editoriale del suo direttore (http://www.youtube.com/watch?v=C-VcZXVJEiI) punisce la mia voglia di libertà. Subito mi accorgo del mio errore, ma é troppo tardi. Perché ho schiacciato quel telecomando? Di colpo sono ritornato alla realtà. Uno schiaffo mi sveglia dal sogno e in pochi secondi la leggera brezza di benessere si trasforma in un’afa asfissiante. Un caldo torrido e insopportabile. Una sensazione violenta. Mi manca l’aria. Provo a rimediare andandomene ad ascoltare il temporale. Ma ormai e troppo tardi. Se Sid Vicius brulica tinto di rosa le erbe del nord, mi chiedo allora in quale mosca si dovrà trasformare e sullo stronzo di quale animale dovrà sorvolare la reincarnazione di questo pseudigiornalista.



Nei miei due mesi scozzesi ogni pomeriggio il mio compagno di banco e di attività era un libico, Khaled da Tripoli. Il paese del diavolo per noi svizzeri. Da due anni Libia e Svizzera si esecrano e hanno dato vita alla più buffonesca e goffa delle crisi di stato: minaccie, ricatti, bugie, promesse, dichiarazioni di guerra (santa e non). Un’allegoria della stupidità della politica, della follia del potere e dell’arte del ricamo giornalistico. Per due mesi dimenticai tutto ciò. Kahled fece lo stesso. Per due mesi fummo compagni di banco e amici. Tolleranti e curiosi di fronte alle nostre evidenti diversità. Non un solo accenno all’antipatia tra i nostri rispettivi paesi che mi ha martellato le palle per più di un anno.

Tornato a casa, dopo l’errore del Tg1 decido di guardarmi il TG svizzero. Ahimé, altro errore. In seguito alla liberazione del cittadino elvetico Max Göldi da parte di Tripoli, mi propongono la retrospettiva degli ultimi due anni della crisi svizzero-libica. Bla bla, bla bla bla, bla! Ma che me ne può fregare? Altro risveglio. Mi ero scordato completamente questa faccenda. Stavo così bene senza che qualcuno mi ricordasse tutte queste stronzate, non è vero Kahled?

Mi infilo le scarpe e corro nel bosco. In due mesi quasi tutto é cambiato. La vegetazione é cresciuta parecchio, tutto é verde. Una certa frescura mi protegge dall’afa. Una biscia, qualche ape, l’odore del sambuco e il bacchettare del picchio riappacificano i miei sensi. Sto bene. Una leggera brezza di benessere soffia di nuovo sul mio corpo...