domenica 27 febbraio 2011

Armi d'ordinanza!


L’anno scorso i cittadini svizzeri bocciarono l’iniziativa popolare contro l’esportazione di materiale bellico. Un no che tuttavia implicava il mantenimento e il rispetto della legge esistente che prevede che nessun’arma sia venduta a paesi in guerra. È davvero così?

Le esportazioni sono in calo e si nota anche qualche miglioramento nell’attuazione delle restrizioni verso i paesi considerati a rischio.

Ma non basta.

“Il mondo arabo brucia, ma la Svizzera vende loro armi”, titolava martedì il quotidiano romando le “Courrier”, sottolineando come 3.2 milioni di franchi di materiale militare siano stati venduti lo scorso anno al Bahrein, stato colpevole di reprimere nel sangue le manifestazioni di protesta. Ci si chiede quindi se queste esportazioni debbano continuare.

Ancora più scomoda la posizione dell’Italia, primo fornitore di armi al regime libico con un giro di affari di 250 milioni di euro. Come afferma il giornalista Carlo Bonini in un articolo apparso oggi su Repubblica il sangue versato dagli insorti libici è causato da armi di fabbricazione europea e russa. Un esempio che testimonia quanto sia azzardata l’ esportazione di armi in un mondo dove un colpo di vento trasforma un alleato in un dittatore sanguinario.

I cittadini svizzeri hanno deciso, loro che ne hanno avuto la possibilità, di non opporsi a questa logica (pecunia non olet). L’inizio d’anno infuocato del mondo arabo pone però degli interrogativi, per esempio riguardo alle esportazioni verso l’Arabia Saudita, al secondo posto nella classifica dei nostri clienti d’armi. Il regno wahabita non brilla certo per il rispetto dei diritti umani e per tradizione democratica. Bisogna però riconoscere che il Consiglio federale aveva deciso già nella primavera del 2009 di non concedere nuove autorizzazioni all’esportazione di armi verso Pakistan, Egitto e, appunto, Arabia Saudita. Tuttavia restano in vigore i contratti stipulati in precedenza, per cui ecco i sauditi in cima ai paesi importatori dell’eccellente materiale bellico elvetico.

Resta oscura pure la presenza nella lista dei clienti degli Stati Uniti.

Non sono mica in guerra ?

No, si tratta di una missione militare di pace.


Referenze:

http://www.news.admin.ch/NSBSubscriber/message/attachments/22193.pdf

http://www.seco.admin.ch/aktuell/00277/01164/01980/index.html?lang=it&msg-id=37739

http://www.repubblica.it/esteri/2011/02/27/news/missili_elicotteri-12953581/?ref=HREC1-1

Le Courrier, 23.02.2011

martedì 22 febbraio 2011

Politica estera: e uno, e due, e tre, e ... !

Berlusconi e Geddhafi: elogio alla rivoluzione!


Berlusconi e Mubarak, lo zio di Ruby: elogio alla prostituzione (minorile)!


Berlusconi e Ben Ali: elogio alla libertà di stampa, alla tortura, ... !

lunedì 14 febbraio 2011

Inerme, disarmato!


Bam!

Inerme, letteralmente senza armi, indifeso. È così che mi sento dopo ogni votazione popolare. Mai come oggi la sensazione appare fuori luogo.

Che un’iniziativa venga o meno accettata fa parte delle regole del gioco. Non sono però disposto ad accettare che qualcuno mi imponga un fucile sottoforma di valore fondamentale. Se secondo i concittadini l’arma é utile, bella, indispensabile, sessualmente attrattiva: non c’é problema, é una loro idea e io l’accetto. Ma che mi si dica che l’arma é un valore, il mio valore, questo non lo posso tollerare. Proprio non riesco a capire in cosa possedere un fucile potrebbe rendermi virtuoso.

Come gli individui, anche le società sono fondate su dei valori, comuni e condivisi, che attraverso miti si propagano nel corso della storia. Cambiano i tempi, cambiano i bisogni, ma il mito resta e con esso un garbuglio di valori obsoleti. Per cui ecco che nel 2011 il nostro paese ha deciso di conservare, di mantenere a valore fondamentale la possessione di un'arma.

Se si considera la possessione di un'arma un valore fondamentale, ebbene non ho valori, sono decadente e amorale. Sono disarmato, e mi piace così.

Bam, bam !

giovedì 10 febbraio 2011

Un'impresa famigliare!


L’AGEFI, quotidiano economico e finanziario romando, propone oggi un'intervista a Mike Mack, presidente esecutivo della multinazionale svizzera Syngenta. Il gigante agrochimico basilese, attivo nella produzione di prodotti fitosanitari e semenze, ha realizzato nel 2011 un beneficio netto di 1.3 miliardi di franchi (-1% rispetto al 2009). La cifra d’affari è aumentata del 6% e a dieci anni dalla sua creazione le vendite di Syngenta sono praticamente raddoppiate.

Ecco un passaggio controverso dell’intervista, dove si accenna alla concentrazione industriale dell’agrobusiness:

Syngenta occupe une position leader à l’échelle globale. Pour autant les parts de marché signalent un secteur encore largement fragmenté. Faut-il s’attendre une nouvelle consolidation ?
Tout dépend de quelle industrie nous parlons. En ce qui concerne la productions des cultures, l’industrie présente une structure déjà mature, très fortement consolidée depuis les années 1990. Le secteur a de plus toujours été fortement régulé et, de fait, reste une activité très fragmentée. La majeure partie des opérateurs sont encore des entreprises familiales.

Avez-vous néanmoins l’intention de vous positionner en consolidateur ?
Nous procédons à des acquisitions régulières, entre deux et trois par année en moyenne, dans le domaine de la protection de culture, mais surtout la production des graines. Nous continueront cette année.

[…]

Il signor Mack afferma quindi che il settore delle semenze é molto frammentato e controllato da imprese famigliari. Chiariamo subito questa assurda sentenza:

Negli anni 90, grazie allo sviluppo delle biotecnologie agricole (OGM), le principali multinazionali agrochimiche hanno cominciato ad acquistare centinaia di aziende produttrici di semi. Fino ad allora questo mercato era davvero poco concentrato e attivo su scala regionale, ma dal 1996 al 2008 si é assistito ad una miriade di acquisizioni e fusioni, come ben evidenziato dal grafico seguente.



Attualmente il mercato mondiale delle semenze è controllato da Monsanto, Syngenta e DuPont/Pioneer. La metà della produzione mondiale di semi sono nelle mani dalle prime dieci aziende del settore:



Imprese famigliari?Ma per favore!

Signor Mack, lo sa benissimo: siamo di fronte ad un vero e proprio oligopolio che oltre a controllare fisicamente la produzione detiene la maggior parte dei brevetti sulle semenze alimentari. Un oligopolio che garantisce a questi attori una posizione dominante. Syngenta e gli altri grandi produttori orientano in effetti la ricerca e il commercio di semenze in funzione dei loro propri profitti (OGM, monoculture di soia e mais).

Il processo di concentrazione continuerà anche nei prossimi anni, come affermato dallo stesso Mack e come dimostrano alcune recenti operazioni. Per esempio, nel dicembre 2010 DuPont/Pioneer ha annunciato l’acquisto di altre tre imprese di semi: Hoegemeyer Hybrids, Seed Consultants Inc., e Terral Seed. Il rischio ora non è nemmeno più quello di un'eccessiva concentrazione nel settore dei semi, visto che la soglia critica è già stata superata da un pezzo. Il vero rischio è ora quello di una concentrazione sempre maggiore tra i vari settori della filiera alimentare. Un’impresa come la DuPont, dopo aver acquistato in gennaio la società danese Danisco, specializzata nella produzione di enzimi e componenti alimentari, controlla ora tutti gli anelli di una catena che va dai campi agricoli alla produzione di alimenti.

Un'impresa famigliare...


Referenze:

http://beginningfarmers.org/article-visualizing-consolidation-in-the-global-seed-industry-1996-2008-by-phil-howard/

http://www.grain.org/seedling/?id=693

http://www2.syngenta.com/en/media/mediareleases/en_110209.html

AGEFI, 10.02.1010

sabato 5 febbraio 2011

Breve dalla Fao!



Il prezzo dei prodotti alimentari di base é aumentato del 37% in soli sette mesi. Il rischio é quello di una nuova crisi alimentare, per questo la Fao ha tenuto ieri a Roma una conferenza stampa per cercare di spiegare la situazione.

Ecco due considerazioni importanti espresse da Diouff, presidente della Fao. Affermazioni che riguardano da vicino due nemici storici di questo blog : i biocarburanti e le speculazioni finanziarie sulle materie prime agricole.

« Il commercio internazionale dei prodotti agricoli non é né libero né equo. I paesi dell’Oecd sussidiano per 370 miliardi di dollari la propria agricoltura e le protezioni tariffarie ai biocarburanti hanno come conseguenza il passaggio di 120 000 tonnellate di cereali dalla consumazione umana al settore dei transporti. »

« … C’é poi la speculazione, i mercati a termine dei prodotti agricoli giocano certamente un ruolo importante nella gestione dei rischi e nell’apporto di liquidità. Ma questi mercati necessitano attualmente di un quadro normativo che permetta il loro buon funzionamento evitando l’eccessiva speculazione che si constata in questo periodo…"

Affermazioni interessanti, ma purtroppo era solo una conferenza stampa. Intanto l'aumento dei prezzi e le conseguenti crisi, come quella tunisina ed egiziana, saranno un buon cavallo di Troia per coloro che vorranno inculcare il bisogno di Ogm quale soluzione miracolo alla difficile situazione.

http://www.fao.org/news/story/fr/item/50530/icode/