mercoledì 24 febbraio 2010

Dietro le quinte del potere!

Incontri tra amici in idilliaci paesaggi alpini: già sentito parlare della riunione di Rive Reine?


Ferdinand Hodler: Lago Lemano visto da Chexbre, 1905

Tutto quello a cui è legato l’immaginario pubblico della politica - le campagne elettorali, i convegni, le sedute parlamentari, i dibattiti in tivù - sembra indirizzato a legittimare i partiti politici e i loro alfieri come unici rappresentanti di quel potere che, grazie a delle elezioni dette democratiche, si autodefinisce legittimo. Un potere alla luce del sole, di cui sappiamo tutto – vita, morte e miracoli; amanti comprese – ma del quale è lecito chiedersi se davvero comanda e prende autonomamente le decisioni che contano. Non è forse al buio, tra attori non eletti democraticamente – lobby, finanzieri, massoni - che vengono prese le decisioni strategiche per le nostre società?
I cittadini sembrano coscienti della loro mancanza di controllo sull’autorità pubblica. La disaffezione alle urne ne è l’esempio più lampante. Luciano Canfora in un libro in cui indaga sui travestimenti del potere scrive: “la crescente convinzione, tra i cittadini, dell’irrilevanza dell’esito elettorale potrebbe […] discendere dalla convinzione che il personale eletto, quale che sia, non introdurrebbe cambiamenti; potrebbe cioè avere come presupposto – più o meno consapevole – che il potere sia altrove, al riparo dalle increspature quotidiane e rumorose della “politica”[1]. La politica appunto fa rumore, le decisioni importanti, spesse volte, vengono prese nell’ombra in qualche palazzo ottocentesco, nei salotti buoni degli incontri informali. La politica è il teatro, ma è dietro le quinte che si decide ciò che deve andare (o meno) in scena. Potere visibile e potere invisibile.

Il World Economic Forum è un esempio perfetto di questa regia che, al di fuori di qualsiasi controllo democratico, stabilisce un’agenda operativa. L’elite economica e politica internazionale si ritrova ai piedi dell’idilliaca montagna incantata del comune grigionese, per discutere in maniera informale delle linee guida della nostra società. Spesso ci viene detto da parte dei media che Davos è un incontro innocuo, “un’uscita in montagna tra amici dirigenti”[2]. In realtà a Davos si agisce, tra cognac e grissini si lanciano progetti concreti, dei quali molte volte non siamo informati[3]. L’orientamento strategico - di politica, economia, finanza, lavoro, agricoltura, ecc. - è architettato proprio in queste riunioni informali. Le élites economiche e politiche possono discutere tranquillamente, lanciare progetti, fare degli splendidi discorsi che mai verranno mantenuti. Ciò che rimane di concreto sono le linee guida di fondo e gli scambi di favore.
L’incontro di Davos offre spunti d’interesse anche da un punto di vista sociologico. Davos delimita il gruppo, l’élite. Questa élite ha bisogno di incontrarsi per decidere, per instaurare relazioni di amicizia, per coltivare il voyeurismo mediatico che l’incorona in quanto élite. Questo incontro privilegiato tra la sfera economica e quella politica, nasconde una forte valenza simbolica. Un incontro che evidenzia l’importanza, per il mondo politico, di rafforzare le sue relazioni con il mondo economico in modo tale da coordinarne lo sviluppo. A spiegarlo è Ellen Hertz, antropologa e decana della facoltà di lettere e scienze umane dell’Università di Neuchatel : “Davos symbolise l’importance qu’a l’économie pour le politique”[4].


Se Davos rappresenta il dietro le quinte del potere mondiale vi è una Davos più piccola, solo svizzera. Si trova sulle rive del Lemano, à la Tour-de-Peilz, vicino a Vevey. Un luogo all’apparenza insignificante, se non fosse che la Nestlé vi possiede un palazzo (a Rive Rein) dove ha sede il suo centro di formazione. In questo palazzo si tiene, da 35 anni a questa parte, un’importante riunione tra i più alti dirigenti dell’economia e della politica svizzera. Un incontro informale e segreto: l’identità dei dirigenti d’impresa, dei capi di partito e dei consiglieri federali invitati, così come le tematiche delle loro discussioni non sono conosciute al pubblico. Se Davos è altamente mediatizzata, questo incontro tra l’élite politica ed economica svizzera non è accennato da quasi nessun media. Quest’anno due ONG, Greenpeace e la Dichiarazione di Berna, hanno proiettato sul muro del palazzo la scritta: “Public Eye is watching you!»[5], inscenando così la prima manifestazione di protesta.

Grazie a quest’azione il Tages Anzeiger ne ha parlato, sottolineando come in 35 anni di incontri a River Rein, per la prima volta era presente la stampa.

L’incontro è organizzato dalla fondazione Avenir Suisse e dalla NZZ. Quest’ultima però non ne ha mai informato i suoi lettori (strano da parte di un giornale!). Avenir Suisse è una fondazione nata nel 1999 sotto l’impulso delle 14 più importanti multinazionali svizzere[6]. Un’ampia rete di altri donatori [7] si affianca a queste importanti aziende. Un think thank di modello anglosassone che si preoccupa dello sviluppo economico, sociale e politico della Svizzera. Avenir Suisse si propone come difensore dell’economia di mercato, sostenendo una visione neoliberale del mondo e della società: “pour le think-tank, les forces du marché doivent en règle générale bénéficier de la plus grande marge de manœuvre possible. Dans cette optique, l'Etat n'intervient pas en première instance dans la résolution des problèmes existants [8]». Uno Stato, quindi, che non deve intervenire (non é vero UBS?) nell’arena economica, ma che però viene gentilmente invitato al ricevimento, oltretutto dal suo ex rappresentante Kaspar Villiger, organizzatore dell’evento. Lo stato è ospite all’annuale lezione di economia. I registi che dettano il copione agli attori politici. Questi più che attori sembrano però marionette.

Come ci dice il Tages Anzeiger, non si sa niente, se non che questo incontro ha luogo, che vi sono i quaranta boss delle più potenti società svizzere più i politici più importanti: solo capi di partito o frazione, il presidente del parlamento, della banca nazionale, della Finma,ecc [9]. Oltre a loro sono presenti due preti, Padre Thomas Wipf e l’abate Martin Werlen. Se siano venuti a santificare le feste o a propagare l’etica protestante del capitalismo non è dato a sapere.
Si parla di questioni strategiche importanti, si discutono le linee guida di politica commerciale, crisi finanziaria, Europa, agricoltura, lavoro, ricerca, socialità, ecc. Ci si accorda sul come la Svizzera può apportare il suo contributo alle sue imprese più grandi, su come le tasse sui premi e i bonus dovranno essere evitate, sugli sgravi fiscali per i super ricchi, sui tagli al sociale, ecc. [10].
Di fronte agli straordinari paesaggi dipinti da Ferdinand Hodler l’élite industrialfinanziaria e politica si ritrova, staccata dal mondo e ignorata dai media. I padroni della nostra economia spiegano (si tratta pur sempre di un centro di formazione) ai nostri “rappresentanti” politici il ruolo che la Svizzera deve avere nel contesto della globalizzazione. Questo incontro serve quindi a chiarire ai politici le aspettative delle élite economiche. Così ecco che i vari Brabek, Vasella, Humer, Kielholz, Gut e compagni spiegano i loro desideri ai vari Mertz, Leuthard, Pelli, Derbelley, Baader, Fehr ecc.. E chi ancora non lo so[11]. Come abbiamo visto è importante incontrarsi, stabilire delle relazioni, dettare un’agenda operativa che sfugge al controllo democratico e per questo è più efficace. Per ciò tutto avviene nell’ombra, segretamente [12].
Coloro che detengono il potere, quello vero, quello economico/finanziario, non sono sottomessi al teatrino della politica, alle elezioni, alle campagne elettorali. Essi agiscono nell’ombra per pilotare al meglio le loro marionette, i politici. Marionette che in futuro, fatta bene la gavetta, potranno aspirare anch’essi a dei posti più importanti. A proposito gli esempi sono molteplici. Kaspar Villiger siede nel consiglio d’amministrazione della NZZ e di Nestlé , organizzatori dell’evento, nonché di SwissRe. Nel 2009 Villiger è diventato presidente di UBS[13]. Flavio Cotti è (o è stato) presidente dell' International Advisory Board di Crédit Suisse[14] e membro del Consiglio d’amministrazione di Georg Fischer AG[15] nonché consigliere di Cablecom[16]. Ruth Metzler era fino a qualche tempo fa dirigente di Novartis[17]. Ora è corteggiata da Swisscom e membra del consiglio d’amministrazione di SIX GROUP, una struttura sorta dalla convergenza di tre attori borsistici: SWX (Swiss Exchange), Swiss Financial Services Group (SIS) et Telekurs Holding[18]. Joseph Deiss é membro di EMMI[19] e nel consiglio d’amministrazione di RG Innovation un’impresa di high-tech [20]. Dall’élite politica a quella economica i passo è breve. Prima attori, ora registi: ricompensa per avere ben servito (il paese)?

Ecco quindi che, in tutta discrezione, l’élite dirigente svizzera si ritrova per discutere di questioni strategiche importanti che riguardano tutti noi (cittadini elettori e non). Ufficialmente nessuno sa di cosa si parla. E già bello se qualcuno sa che questi incontri avvengano. In una società mediatizzata come la nostra è mai possibile che non giungano perlomeno un paio di telecamere e qualche giornalista all’entrata del palazzo di Rive Reine a porre qualche domanda?
Invece di questo incontro non ne ho mai sentito parlare. Su Internet si trovano non più di cinque fonti di informazione [21]. L’incontro ha luogo da 35 anni e il Tages Anzeiger ci dice come un solo articolo dettagliato è stato scritto sul tema”[22]. E mai possibile? Nessuno si interessa, si informa, chiede. Nessuno fa domande scomode, controlla, insiste. I media, marionette anche loro?

L’élite politica ha bisogno della legittimazione dell’élite economia, la quale a sua volta necessita dei politici per avere il giusto spazio d’azione. “Oggi dovunque i privati sono più forti del potere politico”, diceva un liberale come Benjamin Constant[23]. Abbiamo visto come il potere, quello vero, non dipende dalle elezioni alle quali gentilmente siamo invitati a partecipare, non viene stabilito nelle campagne elettorali o nei programmi di legislatura. Un sistema politico alla luce del sole, mediatizzato dai nostri corrispondenti parlamentari, sembra giustificare il teatrino delle ombre. Dove é la trasparenza necessaria? Se non si sa niente di una riunione importante come questa figuriamoci cosa sappiamo degli incontri più piccoli, degli aperitivi di coppia, degli arachiri di palazzo. Questioni importanti come quelle che verosimilmente sono state discusse a Rive Reine meriterebbero un dibattito pubblico, oltre che parlamentare. Come affermano DB e Greenpeace l’incontro di Rive Reine é una negazione, non solo dei cittadini, ma anche del parlamento [24]. E io aggiungo: anche dei media.
Concludo ritornando ad una citazione di Luciano Canfora: “qualcosa non ha funzionato. Il suffragio universale, alla fine conquistato […] ha più delle volte deluso chi lo aveva propugnato, ha mancato i previsti effetti. Le urne sono divenute lo strumento di legittimazione di equilibri, di ceti, di personale politico quasi immutabile, non importa quanto diviso al proprio interno. E se questo potere fosse altrove?” [25]. In Svizzera, seppur per una notte, abbiamo visto dove. Cosa andiamo a votare a fare!

Note:

[1] Luciano Canfora: „La natura del potere“, Anticorpi Laterza, 2009

[2] Valde

[3] Vedi per esempio l’iniziativa sull’agricoltura: “A new vison for Agriculutre”.

[4]http://info.rsr.ch/fr/news
/Le_WEF_de_Davos_permet_de_delimiter_une_elite.html?siteSect=2010&sid=10190389&cKey=1233398686000

[5] http://www.publiceye.ch/fr/vote/

[6] ABB, Credit Suisse Group, Groupement des Banquiers Privés Genevois, Jacobs Holding, Kuoni Holding, McKinsey Switzerland, Nestlé, Novartis, Roche, Sulzer, Swiss Re,UBS Zurich Financial Services

[7] http://www.avenir-suisse.ch/fr/ueber-uns/foerderkreis.html
Tra l’altro, così per curiosità: la cara Marina Masoni è membra del consiglio del fondatori.

[8] http://www.avenir-suisse.ch/fr/ueber-uns/leitbild.html

[9] http://www.tagesanzeiger.ch/schweiz/standard/RiveReine-Die-geheimste-Konferenz-der-Schweiz/story/11541353

[10] Per esempio, ci dice il Tages Anzeiger : In Rive-Reine wurde – laut Parma – das grösste Steuererleichterungspaket der Geschichte unter dem heutigen Economiesuisse-Chef Gerold Bührer aufgegleist: ein Milliardengeschenk für Vermögende, Hausbesitzer und Grosskonzerne. (Allerdings: Zu enthusiastisch geplant fiel es 2004 an der Urne durch.)

[11] Questi nomi sono frutto delle fonti sopracitate, non sono né confermate ne smentite dai diretti interessati. Ma non basta! Chissà se c’era Marcel Ospel quest’anno? E il nuovo direttore della Posta? E quando Blocher era Consigliere Nazionale, cosa rappresentava? Il suo essere uomo politico o il suo essere imprenditore miliardario? Pare che Blocher, quest’anno non è stato invitato. Al suo posto la figlia Magdalena Martullo. Dubbi, dubbi e dubbi, voglio una lista esatta di chi c’era!

[12] Questo concetto é bien spiegato nel sito di Avenir Suisse : « la Fondation ne veut pas pour autant jouer un rôle actif dans les procédures de consultations politiques ou des campagnes de vote, contrairement à des associations telle que «economiesuisse». Elle consacre bien plutôt ses énergies à la sensibilisation des différents milieux aux problèmes qu’elle juge opportuns d’aborder et à leur inclusion rapide dans l'ordre du jour des processus décisionnels ». http://www.avenir-suisse.ch/fr/ueber-uns/leitbild.html
Non un ruolo attivo, alla luce del sole, ma nell’ombra, quatti quatti ma più forti, lontani dai rumori della politica ufficiale. Interessante notare anche come nel rapporti annuali della fondazioni, una cantilena che esalta le attivitàproposte dalla medesima non si accenni a questo che dovrebbe essere l’incontro più importante.
http://www.avenir-suisse.ch/fr/ueber-uns/leitbild/rightColumnParagraphs/03/document/A0900622_Inhalt_JB08_F.pdf

[13] http://it.wikipedia.org/wiki/Kaspar_Villiger

[14] https://www.credit-suisse.com/investors/doc/csg_ar99_p4_en.pdf

[15] http://www.georgfischer.com/2/11/124/128/493.asp

[16] http://pressetext.ch/news/001024055/cablecom-schafft-advisory-board-mit-flavio-cotti/

[17] http://www.novartis.ch/investors/contact.shtml

[18] http://www.six-group.com/media_releases/online/media20070912_en.pdf

[19] http://group.emmi.ch/de/ueber-emmi/governance/verwaltungsrat/

[20] http://www.rg-group.ch/images/stories/press/impartial22062007.pdf

[21] i siti di Greenpeace e la Dichiarazione di Berna; un articolo per il giornale del movimento per il socialismo: (http://www.labreche.ch/lb/2007/LB06_07Pouvoir.html); l’articolo della Tages Anzeiger; artico 20minutes: http://www.20min.ch/finance/news/story/27819770

[22] Scritto da Viktor Parma, corrispondente parlamentare. Viktor Parma, Machtgier, Nagel & Kimche, 2007, p.167

[23] Luciano Canfora: „La natura del potere“, Anticorpi Laterza, 2009

[24] http://www.greenpeace.ch/fr/medias/communiques-de-presse/atome/atome-pressemitteilung-single-view/archive/2010/january/article/le-public-eye-devoile-les-rencontres-secretes-de-lelite-suisse-1/
[25] Luciano Canfora: „La natura del potere“, Anticorpi Laterza, 2009

mercoledì 17 febbraio 2010

Italia d'oro!

Racconteranno che adesso è più facile
che la giustizia si rafforzerà
che la ragione è servire il più forte
e un calcio in culo all'umanità...


Si é aperto ieri il solito penoso festival di San Remo. Talmente penoso questo festival, che mentre Morgan era a casa per aver ammesso di fare uso di cocaina (ipocriti!), ha visto Pupo e Luca Canonici cantare con un allucinato principe Filiberto di Savoia. I tre menestrelli fortunatamente sono già stati eliminati.
(OOPS, non é vero. Aggiornamento: i 3 sono stati ripescati e sono arrivati addirittura secondi.)


Propongo una canzone di Pierangelo Bertoli, che arrivò quarta al festival del 1992. Una canzone che oggi - ne sono sicuro - sarebbe impossibile sentire all'Ariston poiché sarebbe tacciata di complotto. Il tema é quello della corruzione che domina(va) l'Italia. Fu considerata il manifesto di Tangentopoli che scoppiò ufficialmente una decina di giorni prima del festival con l'arresto dell'esponente del Partito Socialista Italiano Mario Chiesa. Quest'ultimo aveva appena intascato una bustarellina di sette millioni dal proprietario di una piccola azienda di pulizie che, come altri fornitori, devette versare la sua quota "politica", il 10 per cento dell'appalto. E il castello crollò...

Lontani i tempi in cui a Sanremo si poteva cantare canzoni come "Italia d'oro". Vicini, troppo vicini, i fatti cantati allora. In effetti, considerando gli avvenimenti degli ultimi giorni (e anni), la canzone é di un'attualità sorprendente.

martedì 16 febbraio 2010

Stop ‘Monsantosizing’ Food, Seeds and Animals!



Piccoli gesti per combattere i pirati del vivente: un sito interessante e ricco di dati; una petizione. Firmate anche voi contro la brevettabilità di piante e animali:

"Des associations paysannes du monde entier, des sélectionneurs, des institutions de l’ONU ainsi que des organisations de protection de l’environnement et de développement ont, durant les dernières années, à maintes reprises formulé leurs craintes face à la monopolisation accrue des semences et des animaux de rente par le biais des brevets. Nous ne citerons ici que les impacts les plus graves : la perte d’indépendance et l’endettement croissant des paysans, une réduction de la variété génétique des plantes et des animaux, des restrictions sévères pour les activités de recherche et de sélection. Cependant, malgré cette tendance alarmante, aucune mesure légale n’a jusqu’à présent été prise pour l’enrayer. Au contraire, une enquête récente sur les demandes déposées à l’Organisation mondiale de la propriété intellectuelle (OMPI) montre que les grandes entreprises grainetières essaient d’imposer de plus en plus leur monopoles sans se soucier des conséquences pour la sécurité alimentaire mondiale et les moyens de subsistance de millions de paysans dans le monde entier. Preuve en sont les demandes déposées par les trois leaders mondiaux en matière de semences, à savoir Monsanto (US), Dupont (US) et Syngenta (Suisse)."



http://www.no-patents-on-seeds.org/index.php?option=com_content&task=view&id=93&Itemid=56&lang=fr

http://www.no-patents-on-seeds.org/images/documents/fr/npos_overview_patent_fr.pdf

http://www.no-patents-on-seeds.org/index.php?option=com_content&task=category§ionid=3&id=21&Itemid=42

lunedì 15 febbraio 2010

Gli OGM nascosti!

Una recente inchiesta del settimanale “l’espresso” conferma: gli OGM sono dappertutto.



L’inchiesta de “l’espresso” mette in risalto due punti:

- la presenza di OGM nei mangimi animali e di conseguenza nei prodotti derivati
- il problema dell’etichettatura

La principale presenza di organismi geneticamente modificati la troviamo nei mangimi degli animali. Mucche, maiali e polli si nutrono di farine composte da soia o mais geneticamente modificati, provenienti soprattutto da Stati Uniti, Brasile e Argentina. Un quarto del fabbisogno di soia per gli allevamenti italiani, ossia 4 milioni di tonnellate è OGM. Stesso quantitativo (con un percento minore) per il mais, la cui percentuale non OGM calerà del 70% nei prossimi 3 anni.
Altri numeri: il 10% dell’alimentazione suina, il 30% per quella bovina sono biotech. Si calcola che per l’allevatore il risparmio è del 20/30 %. Questo risparmio si rivela quindi decisivo nella concorrenza agricola globale. Se si vuole reggere si è obbligati a risparmiare, e l’OGM è un’ottima soluzione. L’Assozoo, associazione che riunisce i maggiori produttori italiani di mangimi afferma: “produrre i mangimi convenzionali è costosissimo. Ecco perché l’OGM è diventato indispensabile […]”. Fare a meno della soia biotech, passata dal 9% della soia totale nel 1996 all’81% nel 2003 è praticamente impossibile. L’agricoltura genetica è un processo irreversibile, seppur silente. Che lo si voglia o no, é un fenomeno che continuerà ad aumentare.

La filiera alimentare è già contaminata. Gli OGM sono come la polvere d'amianto che si infila silenzisamente ovunque, in questo caso nei prodotti che costituiscono la nostra alimentazione. Seppur indirettamente, prodotti come il latte, il formaggio, il prosciutto, concepiti con animali nutriti con questo tipo di farine, non possono più considerarsi “OGM free”. Ciò vale anche per prodotti con l’appellativo DOP, come il Grana Padano o il prosciutto San Daniele. E questo non è scritto da nessuna parte. Il divieto in Italia resta solo quello di semina. Ma se gli animali si nutrono di farine geneticamente modificate, sono liberi di farlo. E nessuno informa: “ancora proibiti nei campi, ma già legali sulla tavola degli italiani”.
Le principali contaminazioni sono presenti nei prodotti derivati dalla soia: biscotti, bevande, dolci, integratori, farine, ecc. La legge impone di segnalare una presenza di OGM superiore allo 0,9 %, ma ciò non permette di evitare spiacevoli sorprese. Le “zone grigie degli OGM nascosti” sono in aumento. L’ultimo esempio è il gelato super resistente artico, realizzato con un gene prelevato (“rubato”) ad un pesce artico resistente alle temperature glaciali. Si può mettere al frigo a temperature molto fredde e lui rimane cremoso. Magico! Viene prodotto con la proteina ISP, derivante da un lievito geneticamente modificato. Dall’estate scorsa circola liberamente nei 27 paesi UE ma l’etichetta OGM non è obbligatoria: “l’elemento transgenico usato per la produzione viene rimosso dal prodotto finale”. Ma chi mangia non lo sa.

Nell’anno dedicato alla biodiversità (che implica anche diversità di sapori e saperi) non si può che essere preoccupati (e impotenti) di fronte a questo irreversibile e inquetante fenomeno.

fonte:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/gli-ogm-sono-tra-noi/2120663//1

martedì 9 febbraio 2010

Biopirateria: lo strano caso di un geranio sudafricano!

L’ufficio europeo dei brevetti revoca l’esclusiva detenuta dalla ditta farmaceutica Schwabe relativa ad un particolare geranio, il pelargonium sidoides. Quest’ultimo é utilizzato da secoli da una comunità sudafricana per curare la tosse e altre malattie, non si tratta quindi di un’invenzione. Un successo nella lotta contro la biopirateria.



Spesso, parlando di questioni agricole, ho accennato alla problematica del monopolio sulle sementi e dei brevetti. Problematica che si rifà ad un fenomeno, quello della biopirateria, che non riguarda solo il settore dell’agricoltura ma, anche e soprattutto, il settore farmaceutico. Per biopirateria si intende il furto delle risorse genetiche (per esempio di una pianta) e dei saperi tradizionali che sono associati a queste risorse (come i valori nutritivi o medicinali) a discapito delle comunità locali che, nel corso dei secoli, le hanno sviluppate. Normalmente avviene che delle imprese - spesso del Nord - si appropriano di queste risorse - spesso del Sud - senza il consenso delle comunità locali e senza che queste comunità ricevano una contropartita finanziaria.

Nel settore agricolo avviene che delle imprese multinazionali acquisiscono dei monopoli commerciali sulle semenze, senza considerare che queste semenze sono coltivate da centinaia di anni, sviluppate e migliorate tramite un processo selettivo che dura oramai da generazioni. Fenomeno questo, che tocca anche istituti pubblici di ricerca che raccolgono semenze nei paesi del Sud mettendole in seguito, e gratuitamente, a disposizione delle imprese del Nord che le brevettano a discapito delle comunità locali che le hanno de facto create. Nel settore farmaceutico, imprese o laboratori del Nord si accaparrano, per il loro esclusivo profitto, delle sostanze prelevate da piante medicinali utilizzate da secoli dalle medicine tradizionali nei paesi del Sud.

I brevetti sono gli strumenti chiave della biopirateria. Essi danno un diritto esclusivo di produzione e di commercializzazione, limitato nel tempo ( in genere 20 anni), per un’invenzione in controparte della pubblicazione immediata dei processi di fabbricazione. Con lo sviluppo delle biotecnologie, negli anni 80, le imprese farmaceutiche e agrochimiche vollero proteggere i loro prodotti per ammortizzare gli enormi costi di ricerca. Fecero così pressione per generalizzare i brevetti sugli organismi viventi. Negli USA, nel 1984, la corte suprema accorda il primo brevetto su un organismo vivente dando così il via a questo processo. L’Europa segue adottando una direttiva che autorizza il brevetto perfino a parti del corpo umano. A livello internazionale, l’accordo sui diritti di proprietà intellettuale legati al commercio (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights, TRIPs) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) universalizza il sistema dei brevetti sul vivente (Articolo 27.3 b). Una volta messa in pratica questa legislazione, i biopirati potranno proteggere i loro prodotti nei 153 paesi membri dell’OMC. Tuttavia, la Convenzione di Rio sulla biodiversità (CDB, 1992), adottata da 180 paesi (tra cui la Svizzera) prevede il diritto di sovranità nazionale sulle proprie risorse genetiche (articolo 3). Si prevede che l’accesso a queste risorse da parte di terzi deve, da una parte, essere sottomessa a un “consentement préalable donné en connaissance de cause” (articolo 15.5) da parte dello stato fornitore e, d’altra parte, deve garantire “un partage juste et équitable” (articolo 15.7) dei profitti derivati da questo accesso.

Il fenomeno della biopirateria e dei brevetti sul vivente è in continua crescita: brevetti sui fagioli gialli del Messico, sul melone cinese, sulla kava di Malaesia, una settantina di brevetti sul neem indiano e via di seguito. Un brevetto su questo tipo di risorse è una contraddizioni in termini: non si inventa nulla, ci si limita ad appropriarsi delle risorse genetiche e dei saperi tradizionali tramandati da generazioni e generazioni di contadini o sciamani. Una recente decisione dell’Ufficio europeo dei brevetti sembra tenere in conto questa contraddizione.

Il caso del pelargonium sidoides

Il pelargonium sidoides è una pianta utilizzata da secoli dalle comunità autonome del Sud Africa per curare i bronchi e altre malattie. La ditta tedesca Dr Willmar Schwabe ha depositato due brevetti relativi al pelargonium, uno dei quali sull’estrazione di una sostanza attiva dalle radici destinata a dei medicamenti contro la bronchite. Grazie al suo medicamento Umckaolabo, a base appunto di pelargonium, la ditta tedesca ha acquisito importanti profitti, senza però dividerli con le comunità locali del Sud Africa (soprattutto l’Alice Community, nella provincia del Capo Orientale), come chiesto dalla CDB. La dichiarazione di Berna (DB) assieme a partner sudafricani ha fatto ricorso contro questo brevetto presso l’Ufficio europeo dei brevetti. I ricorrenti considerano che questi brevetti sono un’appropriazione illegale e illegittima dei saperi tradizionali e delle risorse genetiche in opposizione flagrante con la Convenzione della biodiversità (di cui il Sud Africa è firmatario dal 1995). Il 26 gennaio l’Ufficio europeo dei brevetti ha abrogato il brevetto detenuto dalla Schwabe sul pelargonium sidoides, dando così ragione alla Dichiarazione di Berna e ai suoi partner africani. L’assenza di attività inventiva è stata determinante nella decisione presa dall’Ufficio europeo dei brevetti. Non si tratta di una scoperta fatta dalla Schwabe bensì di un processo già conosciuto largamente nella letteratura specializzata e che si rifà ai saperi ancestrali di alcune comunità autonome del Sud Africa: “le brevet litigieux devait être révoqué parce qu'il ne satisfaisait pas aux exigences d'activité inventive de la Convention sur le brevet européen. Auparavant, les parties avaient pris position sur les autres motifs d'opposition. Les aspects relatifs aux conventions sur la biodiversité ont aussi été longuement évoqués ». Secondo la DB questa decisione è un importante successo nella lotta contro la biopirateria. Mariam Mayet, dell’African Center for Biosecurity afferma: « Nous nous réjouissons que Schwabe ait perdu le droit de monopoliser des ressources génétiques issues du savoir traditionnel d’Afrique du Sud ».

Un primo passo, quindi, contro il fenomeno dilagante della biopirateria. Molto però resta ancora da fare. Il geranio sudafricano è un piccolo esempio, speriamo non sia solo uno strano caso.



Riferimenti bibliografici:

http://www.evb.ch/fr/p25017058.html
http://www.evb.ch/fr/p5168.html
http://www.schwabepharma.com/international/
http://www.schwabepharma.com/international/downloads/pdf/Imagebroschuere.pdf
http://www.grain.org/bio-ipr/?id=539
http://reteuno.rsi.ch/modem/welcome.cfm?IDc=29737
http://www.epo.org/about-us/press/releases/archive/2010/20100126_fr.html
http://www.cbd.int/

venerdì 5 febbraio 2010

Ci facciamo un panino?


Indovinate un po' chi è l’uomo che vedete in mezzo alla fotografia, intento a preparare un Hamburger col sorriso sulle labbra?
Trattasi niente meno del ministro dell’agricoltura italiana Zaia, che festeggia così il lancio del nuovo prodotto Mc Donalds: il panino Mc Italy.

Vedere un ministro dell’agricoltura che si offre con felicità a promuovere Mc Donald, simbolo del cibo spazzatura per eccellenza, è emblematico dei tempi che corrono e di un fenomeno di cui il governo Berlusconi eccelle: lo sputtanamento della politica.

Siamo di fronte ad un vero e proprio tradimento. Il tradimento di chi si dovrebbe occupare di politiche agricole, di ciò che si coltiva e di ciò che si mangia. Invece di promuovere la vera cucina italiana, regionale e locale, l’agricoltura biologica e una sana e etica alimentazione, il ministro delle politiche agricole scende in campo a favore di McDonald e del suo finto localismo. Vergognoso! Sarà Mc Italy, saranno introiti per l’economia italiana, ma è un processo di standardizzazione del gusto che dovrebbe essere contrario a qualsiasi persona che intelligentemente si occupa di questioni agroalimentare.

La notizia l’ho scoperta su Repubblica (03.02.2010) dove il solito Carlo Petrini ci propone un’interessante lettera al panino McItaly. Peccato che, qualche pagina prima di questo testo, aperto ma critico, sventoli a pagina intera una splendida pubblicità del panino in questione. Business is business.

martedì 2 febbraio 2010

I filantropi licantropi!



Le cause dei dati allarmanti sullo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura sono molteplici. Il commissario speciale delle nazioni unite per il diritto all’alimentazione, Olivier de Schutter, mette l’accento su tre fattori: la crescente monopolizzazione delle sementi, la diminuzione della biodiversità e le speculazioni finanziarie sui mercati delle materie prime (1). Il mondo dell’economia e della finanza, parte in causa di questa situazione, tenta di salvarsi la faccia approcciando la problematica alimentare e proponendo progetti e iniziative tese a ridurre la fame nel mondo. Spesso però queste iniziative sono molto discutibili e, dietro un encomiabile obiettivo, si nasconde la volontà di fare affari. Dopo la crisi finanziaria la Terra è diventata un business sicuro e redditizio. La giustificazione umanitaria diventa a sua volta un buon metodo per coprire gli investimenti in questo settore. Un buon esempio ci viene dal Wold Economic Forum (WEF) di Davos, dove si è dato vita ad un’iniziativa intesa a sviluppare un’agenda operativa “per soddisfare la sicurezza alimentare, lo sviluppo economico e gli obiettivi di sostenibilità ambientale attraverso l’agricoltura”. Vediamo di che si tratta.

La pagina internet del forum dedicata all’agricoltura e alla sicurezza alimentare ci propone la solita, macabra, filastrocca: un sesto dell’umanità non ha accesso al cibo, entro il 2050 la popolazione mondiale arriverà a 9.2 miliardi di persone e la domanda di cibo raddoppierà. Saremo così di fronte ad un grave, gravissimo rischio alimentare (2). Come fare?
Per risolvere questa situazione, ci vien detto, abbiamo bisogno di una nuova visione dell’agricoltura, che integri tutti gli attori coinvolti nella questione: contadini, consumatori, imprenditori, governi, aziende, società civile e organizzazioni multilaterali. Tutti devono collaborare per contribuire a diminuire la fame. Questo deve avvenire attraverso politiche agricole efficaci e a investimenti in infrastrutture e nuove tecnologie. Il WEF lancia così la “New Vision for Agricolture Iniziative”, un progetto che intende sviluppare gli investimenti pubblici e privati per accrescere il settore agricolo. Si propongono tre obiettivi principali:

- Rafforzare la conservazione della biodiversità
- Rafforzare lo sviluppo dei mercati agricoli attraverso il miglioramentodelle infrastrutture e delle politiche agricole
- Stimolare la crescita economica attraverso l'agricoltura, tenendo conto soprattutto degli agricoltori su piccola scala

Per concretizzare tali obiettivi si intende creare una “piattaforma neutrale”, composta da un’”ampia gamma” di parti interessate, la quale si deve occupare di stilare un’agenda operativa. Perplesso dall’espressione “piattaforma neutrale” decido di indagare. Vediamo meglio di che si tratta.
Scopro così che l’iniziativa beneficerà del sostegno del” World Economic Forum’s Global Agenda Council on Food Security” (3). Questo Consiglio avrà un ruolo chiave nell’iniziativa, attraverso attività di consulenza e raccomandando i passi necessari per la sua attuazione. Orbene, cosa sarà questo organismo che potrà, così generosamente, sostenere e consultare l’iniziativa proposta? Si tratta di un gruppo formato nel 2008 nell’ambito del WEF e che coinvolge un gruppo selezionato di aziende leader mondiali nel commercio, enti governativi, organizzazioni internazionali, della società civile ed esponenti del mondo accademico Questo gruppo di lavoro si propone di definire le azioni prioritarie per migliorare la sicurezza alimentare e servire come una “rete di reti” delle principali istituzioni mondiali per approfondire le sinergie degli attori coinvolti nella lotta alla fame.
Sul sito sono elencati i nomi dei membri del Consiglio per il periodo 2009-2010. Un’analisi attenta di questi nomi e del loro operato permette di giustificare i dubbi quanto alla neutralità di questa piattaforma. Vi sono dei partner istituzionali, come la direttrice del Programma Alimentare Mondiale (PAM) Josette Sheeran, ex presidente, tra le varie cose, della multinazionale informatica Tis Woldwide e del think thank di destra Empower America, oggi chiamato Freedom Works il cui slogan è: “Meno stato, meno tasse, più libertà” (4).
Ecco poi i rappresentanti del settore privato con i CEO di tre delle più importanti multinazionali agroalimentari del pianeta: General Mills, Bunge e Unilever. A questo punto si potrebbe immaginare che, a controbilanciare questi rappresentanti privati e a garantire la neutralità della piattaforma, vi siano rappresentanti della società civile e del mondo accademico, ambasciatori di un modo diverso di vedere l’agricoltura.
Vado sui siti internet delle organizzazioni no profit (caspita, ma hanno tutti lo stesso webmaster?) i cui rappresentanti sono membri di questo Consiglio. Scopro che si tratta di organizzazioni no profit ben profilate verso un certo modo di intendere l’agricoltura. Un’agricoltura industriale e favorevole alle biotecnologie, allo sviluppo dei biocarburanti e a tutto ciò che nuoce alla sicurezza alimentare e intacca la biodiversità. Ecco qualche esempio.

- MS. Swaminathan Research Foundation: un’organizzazione indiana con il solito encomiabile obiettivo di risolvere le problematiche alimentari, ma favorevole all’uso delle biotecnologie, ecc ecc. Finanziato, tra gli altri da Bill&Melinda Gates Fundation ( vedremo che non sarà l’unico caso).

- Interamerican Ethanol Commission (anche nota come International Biofuels Commission): l’associazione che promuove l’uso del bioetanolo nei paesi occidentali.

- Africa Harvest (ovvero Africa Harvest Biotech Foundation International): un’organizzazione no profit, nata nel 2002 “per promuovere l’uso della scienza e dei prodotti tecnologici più avanzati per aumentare la produttività dei contadini africani e liberare l’intero continente da povertà, malnutrizione e fame” (5). Sul rapporto finanziario 2008 si possono vedere i partner dell’associazione: Bill&Melinda Gates Foundation, Rockefeller Foundation, DuPont, USAID, CropLife Interntional (6).

- International Food & Agricolture Trade Policy Council (IPC): gruppo creato nel 1987, nell’ambito delle negoziazioni del GATT in Uruguay che hanno portato poi alla creazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Il gruppo si propone di fare del lobbyng nell’ambito delle negoziazioni sulle regole dell’agricoltura internazionale. È il principale portavoce presso l’OMC della liberalizzazione del commercio agricolo. Membri onorari del gruppo: Hugh Grant, CEO di Monsanto e Heinz Himhof, anziano CEO di Syngenta (7).

- Alliance for Green Revolution in Africa (AGRA): un’organizzazione finanziata da Rockefeller Foundation, da Bill&Melinda Gates Foundation e da USAID, l’agenzia per lo sviluppo internazionale degli Stati Uniti. L’organizzazione, presiduta da Kofi Annan, prevede, in nome della sicurezza alimentare, di portare i benefici della rivoluzione verde in Africa. In un recente articolo apparso su Repubblica, Carlo Petrini ci spiega in maniera molto chiara questo processo e il modo di operare di AGRA (8). La rivoluzione verde è un processo cominciato negli anni ‘70, finanziato con i soldi della fondazione Rockefeller e della Banca Mondiale, con l’obiettivo di aumentare la produzione di cibo nei paesi poveri. La produzione aumentò fortemente focalizzandosi però sulle monoculture di esportazione e non contribuì a risolvere le problematiche alimentari. AGRA si propone ora di portare avanti questo discorso. Petrini ci spiega che l’organizzazione si occupa di promuovere decine di varietà selezionate e brevettate che vengono offerte ai contadini in un pacchetto che comprende sementi e prodotti chimici. Questo tipo di colture proposte, come il NERICA (“New Rice for Africa”), danno alte rese solo se coltivate con tecniche industriali e sostanze chimiche. Semi che ogni anno devono essere riacquistati dalle poche grandi aziende che controllano il settore delle sementi.

Completo l’analisi cercando i profili dei membri accademici del Consiglio. Scopro così che anche questi esperti sembrano concordare con questa visione unilaterale dell’agricoltura. Joachim Von Braum (9) è membro dal 2007 dell’IPC e direttore generale dell’”International Food Policy Research Institute” (IFPRI), un’istituzione il cui (solito encomiabile) obiettivo è quello di trovare soluzioni sostenibili per diminuire fame e povertà (10). L’ultima pubblicazione dell’istituto (gennaio 2010) porta il seguente titolo: “Delivering Genetically Engineered Crop to Poor Farmers” (11).
Tom Reardon professore alla Michigan State University, é stato ricercatore per 5 anni presso l’IFPRI e collaboratore della Fondazione Rockefeller negli anni ottanta nonché collaboratore scientifico per numerose organizzazioni (Banca Mondiale, Fao, USAID ecc,), fondazioni (come la Bill&Melinda Gates Foundation) e per le più importanti aziende alimentari (12). Il terzo membro, il cinese Huang Jikun, è anche lui membro d’IPC , organizzazione che sembra giocare un ruolo molto importante in questo Consiglio (13).

L’esempio dell’iniziativa “new vision for agricolture” ci fa capire in che modo sono concepiti questi progetti, detti “umanitari”. Se ci fosse la vera volontà di affrontare la problematica alimentare, destinando fondi e sviluppando progetti, questo dovrebbe passare per forza da una messa in discussione del sistema agricolo attuale. Per lo meno si dovrebbe integrare nelle discussioni personaggi e organizzazioni che propongono idee alternative. Progetti come l’iniziativa proposta a Davos, si rifanno allo stesso modo di concepire l’agricoltura - OGM, biocarburanti e brevetti - e allo stesso tipo di ideologia – liberalizzazione, industrializzazione e produttività – responsabile della grave situazione alimentare e della perdita di biodiversità. Esattamente i problemi che si intende risolvere.
L’umanitario diventa uno specchio per le allodole, dietro il quale si nasconde la volontà di invadere nuovi mercati. Come spiega Carlo Petrini, in seguito alla crisi finanziaria molti uomini d’affari hanno iniziato a guardare a “beni di investimento più tangibili” come il cibo e i biocarburanti. Il continente più povero, l’Africa, è diventato un territorio interessantissimo dove sviluppare le nuove varietà proposte dalle multinazionali (leggere a proposito il rapporto dell’ISAAA: “Biotech crops in Africa: the final frontier” (14)). Industrie come Monsanto e Syngenta sono già introdotte nel mercato africano dove, anche attraverso fondazioni come la “Food Health Hope Foundation ” di Monsanto si tenta proporre l’uso delle biotecnologie e di varietà brevettate come unico e sicuro rimedio contro fame e povertà (15). Organizzazioni come AGRA sono cavalli di troia che trottano sulle desolate lande africane con lo scopo di invaderle con prodotti agricoli geneticamente modificati e brevettati. Una volta avviato, questo processo diventa irreversibile. Dietro questi progetti troviamo sempre gli stessi nomi: agenzie istituzionali come la Banca Mondiale o l’USAID, istituzioni di ricerca come il CGRAI, l’IFPRI e fondazioni come la Rockefeller (16) o la Bill&Melinda Gates (17), che investono in un settore dal rendimento sicuro e in cui è facile nascondere gli affari dietro una maschera umanitaria. Queste fondazioni propongono obiettivi come la salvaguardia della biodiversità e l’aiuto ai piccoli contadini. In realtà si impone un sistema che è di sicuro guadagno per le imprese e gli investitori privati ma che per questi contadini è impraticabile. Si chiede per esempio loro di abbandonare i sistemi tradizionali, che li hanno nutriti per generazioni, imponendo l’adozione di nuove colture, certo più produttive, ma non destinate al loro soddisfacimento alimentare.
La produttività e l’agricoltura chimica e industriale sembrano gli unici criteri per risolvere le problematiche alimentari. Sappiamo benissimo che non è così: i risultati della rivoluzione verde e della rivoluzione genetica lo dimostrano. L’agricoltura degli ultimi 15 anni è caratterizzata dall’espansione delle culture geneticamente modificate, dal monopolio di pochissime imprese sul settore agricolo, dai brevetti sulle sementi, dalla speculazione finanziaria sulle materie prime, dall’integrazione delle economie locali nei mercati internazionali e dallo sviluppo degli agrocarburanti. Malgrado i discorsi incantevoli proposti dall’industria e dai nuovi filantropi i risultati in termini di sicurezza alimentare e salvaguardia della biodiversità sono sotto gli occhi di tutti e dimostrano il totale fallimento di queste politiche.

Ho cercato di spogliarmi dai pregiudizi, ma iniziative come quelle di Davos mi appaiono ipocrite. I principali responsabili della drammatica situazione alimentare si vestono di un’aurea filantropica e mettono in piedi progetti che tendono a risolvere i danni da loro stessi creati. La problematica alimentare ha le sue sedi nella quale viene trattata. Se poi, come avvenuto al vertice Fao di Roma di novembre, non vengono né prese decisioni né stanziati fondi, è un altro discorso. Ma stabilire un organismo come il Consiglio, spacciandolo per “piattaforma neutrale”, con i CEO di tre giganti agroalimentari, con i membri di associazioni come Agra o IPC, con accademici conosciuti per essere favorevoli all’agricoltura genetica, mi sembra subdolo e viscido. Questa rete di attori a cui fa capo l’iniziativa di Davos pretende di detenere le soluzioni della problematica alimentare ma i fatti dimostrano il contrario. Si tralascia appositamente la moltitudine di organizzazioni della società civile che propongono un altro modo per risolvere le problematiche alimentari, basati sulla salvaguardia della biodiversità, sulle conoscenze tradizionali e sull’agricoltura biologica. Non vi è nessuna volontà di equilibrare le forze in campo, nessuna vera intenzione a mettere in atto dei veri progetti che coinvolgano tutti (TUTTI!!!) gli attori implicati nella questione. La Terra è semplicemente un business e la fame un veicolo propagandistico per accaparrarselo. Le iniziative come quelle di Davos e i nuovi campioni della solidarietà mondiali come Bill Gates non fanno altro che contribuire al mantenimento della situazione attuale, garantendo i privilegi dei pochi profittatori del sistema agricolo internazionale e riciclando il proprio denaro che altrimenti sarebbe tassato. Che a Davos si parli di banche e finanza, già ci basta!

Appendice

Sulla pagine Internet del WEF dedicate all’agricoltura scopro un’altra iniziativa: "The Business Alliance Against Chronic Hunger (BAACH) ” (18). Definita come la “prima alleanza del settore privato focalizzata a ridurre la fame e a produrre cibo sostenibile in Africa”. L’ “Alleanza”, così è nominata, è un gruppo creato nel 2006 nell’ambito del WEF da un gruppo di CEO e leader pubblici Questo gruppo collabora con 30 organizzazioni con lo scopo di sviluppare delle “soluzioni per ridurre fame e povertà che siano sostenibili e commercialmente redditizie”. Vediamo velocemente chi ne fa parte. Nell’organo esecutivo troviamo David Mureithi di Unilever, Kinyua M’bijiewe di Monsanto. Tra i gruppi ingaggiati in questo progetto in Africa troviamo i soliti nomi: Agra, Monsanto, Rockefeller Foundation, USAID. Interessante il primo rapporto di gestione del gruppo, intitolato: “The business Role in Achieving a Green Revolution for Africa”. Indovinate da chi è finanziato? Bill&Melinda Gates Foundation …. (19).


Note:

1) http://www.un.org/News/briefings/docs//2009/091021_de_Schutter.doc.htm
2) http://www.weforum.org/en/initiatives/AgricultureandFoodSecurity/index.htm
3) http://www.weforum.org/en/initiatives/AgricultureandFoodSecurity/GlobalAgenda CouncilonFood Security/index.htm
4) http://home.wfp.org/stellent/groups/public/documents/profile/wfp123029.pdf
5) http://africaharvest.org/site/
6) Africa Harvest: “Annual Technical & Financial Report 2008”, p.6
7) http://www.agritrade.org/
8) http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/01/26/chi-ruba-la-terra-il-cibo-all.html
9) http://waterandfood.org/fileadmin/CPWF_Documents/Documents/CP_Board/VON_BRAUN_CV.pdf
10) http://www.ifpri.org/
11) http://www.ifpri.org/publication/delivering-genetically-engineered-crops-poor-farmers
12) http://www.aec.msu.edu/faculty/reardon.htm
13) http://www.agritrade.org/about/member_bios.html
14) http://www.isaaa.org/resources/publications/biotech_crops_in_africa/download/Biotech_Crops_in_Africa-The_Final_Frontier.pdf
15) http://www.monsanto.co.za/en/layout/our_pledge/fhhf/default.asp
16)http://www.rockefellerfoundation.org/what-we-do/current-work/strengthening-food-security-alliance
17)http://www.gatesfoundation.org/agriculturaldevelopment/Pages/agricultural-development-frequently-asked-questions.aspx
18)http://www.weforum.org/en/initiatives/AgricultureandFoodSecurity/TheKenyaPilotDistrict/index.htm
19) http://www.gatesfoundation.org/agriculturaldevelopment/Pages/agricultural-development-frequently-asked-questions.aspx#biotechnology