domenica 7 novembre 2010

Se mangio ferro ci sarà un motivo: parte 4!


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Passata una piccola pianura, dove un grosso acquitrino alimentato dalle recenti piogge fa la gioia dei cinghiali, Agapito sale ancora fino a raggiungere una meravigliosa faggeta. Pittoreschi intrecci di radici permettono agli alti tronchi grigi di artigliarsi al suolo, ne stabiliscono il loro naturale diritto a possederlo, a sfruttarne le risorse ed ad ergersi alti e maestosi al di sopra degli altri. I faggi sono alberi solidi, più forti di quei castagni che in passato fornivano farina ai ticinesi e che ora, stanchi e trascurati, faticano a reggere la concorrenza. Agapito adora sentire lo scricchiolio dei suoi piedi che calpestano le ghiande di faggio, l’albero che crea le condizioni migliori per lo sviluppo dei suoi porcini.

La salita è ripida. Alcuni passaggi sono pure un po’ pericolosi. Un paio d’anni fa nei paraggi qualcuno ci aveva anche lasciato le penne. Agapito è preoccupato, non è più in perfetta forma. Il camoscio che una volta saliva i pendii quasi a corsa sta facendo i conti con gli umani acciacchi. Gli anni passano anche per lui e se ne rende conto: “Go pu vint àn. Duvresa piantaa lì da fumaa chi sigarèt che ma mazza..”
Si siede a fare una pausa su un sasso sporgente. Respira l’arietta settembrina. Mangia un pezzettino di formaggio, “da chel bon”. Si accende un’altra sigaretta, immerso in un fumo di dubbi su una salute che sente più precaria. È in ritardo sulla sua tabella di marcia, qualche anno fa in un’ora era gia "in Predisei". Ora deve fare anche una pausa. E già passata un ora e venti e manca ancora l’ultimo tragitto in pianura, un posto di fitta vegetazione, dove le foglie fanno trapassare poca luce; terreno statisticamente avaro di boleti. Un sorso di grappa, butta la paglia, abbandona i pensieri ed è pronto a ripartire.

Quando sta per arrivare si confida al dio fungo nella speranza di una giornata ricca e memorabile. Che ci crediate o meno, la preghiera ha subito effetto: ecco un primo porcino, fresco e tozzo, nascosto da uno strato di foglie che solo l’occhio di Agapito poteva evadere. Si piega per raccoglierlo, contemplarlo, pulirlo. È in estasi. Quando lo sta deponendo, bello bianco e lindo, nel cestino, voci e risate giungono improvvisamente alle sue orecchie:


“..Guarda questo, guarda che gambo, più grande della cappella. E perfetto. Sembra un pallone da calcio. Fantastico..”
“Davvero, però a me piacciono anche quelli piccolini, guarda che carino questo. E questi due, sembrano gemelli..”
“Stasera ci facciamo una bella cenetta, chiamiamo Eze e gli altri che ne dite? ”
“Dai dai, ci sto.”
“Chiamo io, chiamo io…Dove minchia è il mio cellulare….Ah eccolo…Eze so’ io, Franco Falla…Sìsì bene grazie. Ascolta, te l’avevo detto che andavo a funghi con la Ilde, Danni e Gioacchino? Esatto, lui, Chino la Malta, il segugio di Laveno…Devi vedere quanti ne ha trovati…Il rottoinculo…In Svizzera…in Svizzera: è pieno! Fantastico!Chiama chi vuoi…a casa mia alle otto…Perfetto…Sisi..ho il cellulare scarico..ci sentiamo dopo…Porta del vino..Ciao…bella. Bella!


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