mercoledì 3 novembre 2010

Se mangio ferro ci sarà un motivo: parte 3!

Immagini dell'epoca: " Contadini, sullo sfondo Breno". Fonte: Galleria di immagini del museo del Malcantone, http://www.museodelmalcantone.ch/cms/



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Luna crescente di metà settembre, Agapito si sveglia presto. Sono le sei e mezza quando la caffettiera sbuffa in cucina. La radio conferma il bel tempo. Il materiale da combattimento – coltellino, cestino, pane, formaggio, un paio di birre e l’immancabile bottiglietta di grappa – è pronto, già minuziosamente preparato la sera prima. Calcola di essere per le otto “in Predisei”, il suo posto, come ci tiene a sottolineare:
“Vi altri sii mat. Siete matti! Quesc’qui l’è ul mé sit. Se scopro che ci andate senza di me.. va copi tuc..”, tuonò la scorsa settimana all’Alligatore, in quel crogiolo di italiano e dialetto che caratterizza il suo linguaggio. Conoscendo il suo lato permaloso, gli amici si erano divertiti a provocarlo, minacciando di andare "in Predisei" senza di lui.
Agapito non fa del senso dell’umorismo una sua caratteristica personale. È infatti molto permaloso, il tipo di persona che prende tutto troppo sul serio. Soprattutto quando si tratta di funghi.
“Prima o po te ciapat un culpèt. Sta calmo. Ciapatala mia, da fùnc ga n'è par tùcc..”, gli aveva consigliato l’amico Genesio, il filosofo del gruppo, dopo quell’ultima vampata d’ira. “Di questo passo, morirai!”, sentenziò, sintetico come un aforisma, il sempre sereno Genesio.
Oggi però Agapito si sente tranquillo. Nessuno può compromettere la sua giornata. Si immagina già il profumo dell’aglio che rosola nella padella, il prezzemolo tagliato fine fine…

Salta in macchina. In pochi minuti arriva alla barriera dove scruta tre macchine posteggiate: Como, Varese, Milano.
“I solit CoVaMi!Bisognaria tàiag i gòmm. Ga i a miga i fùnc oltre la rete?!”, e la tranquillità è già congedata. È più forte di lui: “Che i sa faga mia vidé incoo i badìt, se no ga fo vidé mi…Maiaràmina!”
Ma non si preoccupa più di tanto, lui ha la chiave. Passa la barriera come chi transita al casello con il Telepass. Non c’è ancora molta luce ed Agapito calcola che salendo con l’auto supererà ben presto i temuti rivali lombardi, famigerati cercatori di funghi i cui segreti sono tramandati di generazione in generazione con lo scopo di continuare la dinastia fungaiola della famiglia.

Dopo quindici minuti nello sterrato che sale oltre la barriera Agapito arriva nello spiazzo dove è solito lasciare la macchina. Si accende la prima sigaretta, incipriandosi il naso di fumo e la mente di pensieri di raccolta. L’arietta è fresca, ma la salita fra poco provvederà a scaldarlo. Butta il mozzicone e parte; non è più tempo di pensare. L’itinerario classico prevede di salire per circa mezzora in una ripida dorsale rivolta verso nord. Occorre lasciare i castagni per raggiungere i faggi. Il sottobosco è un dipinto colorato di funghi il cui profumo si espande armonioso come un tango verso le narici di Agapito. Amanite, russole, chiodini, castagnin e molti altri funghi matti. Sentinelle di buon augurio, nulla più: “Derivati di funghi”, smascella Agapito, interessato solo al fungo perfetto: il boletus edulis (volgarmente detto il porcino).
Molti indizi sembrano indicare una giornata propizia, potenzialmente molto ricca: “Per fortuna ho preso libero. Al senti che incoo l’è bona, an cati na masna, almen cinq chili..”
Il massimo consentito sono tre chili. Ma poco importa, malgrado tutto quello è il suo posto.
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