venerdì 27 novembre 2009

Armi: il santo vale la candela?

Per la pluralità d'opinione, pubblico, ma non condivido, la riflessione di un mio amico sull'iniziativa contro l'esportazione di materiale bellico.




di Nicola Vallarino

Il tema di discussione é complesso ed indubbiamente si presta a prese di posizione fortemente ideologizzate.

Prima di dibattere su questo argomento credo sia interessante distinguere tra 2 tipi di etica chiamate in causa: l’etica così detta ideologizzata e l’etica delle responsabilità.

I comportamenti ed i modi di pensare della prima classificazione sono, come implicitamente espresso dall’etimologia del termine, fortemente connotati da una presa di posizione praticamente impermeabile a qualsiasi forma di critica o contestazione.

È quindi indubbiamente più interessante soffermarsi sulla seconda concezione di intendere l’etica, quella che poi giocoforza si riscontra nella stragrande maggioranza dei cittadini che saranno chiamati alle urne.

L’idea di avere un mondo senza conflitti, con tutte le nazioni che vanno d’amore e daccordo sappiamo bene é stato accantonato da tempo, vediamo quindi nel concreto quali sono costi e benefici che può portare questa iniziativa popolare contro l’esportazione di materiale bellico.

L’impedimento di esportare armi all’estero non avrà alcun effetto pratico sul proseguio dei vari conflitti in corso, questo é bene espresso anche dai promotori dell’iniziativa.

Ci si chiede ma il beneficio allora quale dovrebbe essere ? Taluni asseriscono il fatto di lanciare un messaggio, e cioé che la piccola Svizzera attualmente invischiata in svariate crisi internazionali (Tremonti-Gheddafi-Fisco USA) tenta di ripulire la sua immagine vietando l’esportazione di materiale bellico. Ci potrebbe anche stare non considerando i costi sociali ed economici che il nostro paese dovrebbe assumersi nel caso l’iniziativa venga approvata.

Anzitutto l’"esiguo e discutibile ramo industriale" della produzione bellica conta ca. 15'000 posti di lavoro che andrebbero completamene distrutti (e di riflesso migliaia di famiglie che si troverebbero in difficoltà) in un momento non particolarmente felice dal punto di vista occupazionale. Va ricordato inoltre che i posti di lavoro persi sarebbero perlopiù situati in zone periferiche del paese che verrebbero a trovarsi ancor più in difficoltà non avendo altre industrie sostitutive.

Bisognerebbe inoltre quantificare in seguito il mancato gettito fiscale incassato da cantoni e confederazione derivante dai proventi di questa industria, mancato incasso che di riflesso andrà poi a incidere sulla spesa pubblica in termini di maggiori risparmi.

Varrebbe forse il caso di chiedersi se il santo vale la candela, siamo davvero disposti a sacrificare lo 0.33 % !! delle nostre esportazioni e di fatto bruciare ca. 3 miliardi di CHF del nostro PIL in onore di un presunto moralismo ideologico che mal si concilia con la realtà economica odierna ?

Nicola Vallarino

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