venerdì 8 luglio 2011

"Le Matin Dimanche", Addax e Pain pour le prochain!

Accaparramento di terre: una battaglia mediatica è in corso tra investitori e ONG






Fabbricare il consenso verso i biocarburanti in un momento in cui essi sono messi in questione per il loro ruolo nell’aumento dei prezzi delle derrate alimentari. Diffondere il pensiero unico di un’impresa la cui immagine è disturbata da recenti rapporti pubblicati dalle ONG e discreditare queste stesse organizzazioni. Come definire altrimenti l’articolo apparso il 19 giugno scorso su le Matin Dimanche?


Soggetto centrale dell’articolo di Elisabeth Eckert, la società ginevrina Addax Bioenergy e il suo progetto di produzione di canna da zucchero in Sierra leone (vedi LoDe). Dalle prime righe si percepisce subito che l’articolo è più simile alla propaganda in favore dell’impresa che a un reportage indipendente e di un’analisi obiettiva del fenomeno dell’accaparramento delle terre e della produzione di biocarburanti.





Ultimamente Addax e i biocarburanti sono al centro dell’attenzione mediatica. Il New York Times ha appena consacrato un articolo a Jean Claude Gandur, questo commerciante svizzero proprietario della società che, dopo essere diventato miliardario grazie al petrolio, scommette ora sui biocarburanti. La produzione di etanolo è molto controversa. Numerosi attori attivi nella lotta contro la fame ritengono che questa produzione è responsabile della drammatica impennata dei prezzi dei prodotti alimentari. Gli argomenti per sollevare qualche dubbio sul progetto di Addax non mancano di certo. La Sierra Leone è un paese che non è autosufficiente dal punto di vista alimentare. Il fatto di produrre 90 000 metri cubi di agrocarburanti per il mercato europeo è per lo meno discutibile. Il commissario speciale dell’ONU per il diritto all’alimentazione ha appena ricordato che l’interconnessione sempre più marcata dei mercati dell’energia e dei mercati agricoli è evidente e pericolosa.



L’articolo del domenicale romando non considera le critiche, malgrado la recente pubblicazione di due studi che mostrano l’impatto negativo sulle popolazioni locali del progetto. Il primo studio, realizzato dall’ONG canadese Oakland Institute, sottolinea i rischi causati dai fondi speculativi e dall’acquisto di terre nei paesi in via di sviluppo. Questo rapporto consacra tre pagine al caso di Addax mettendo l’accento sulla dicotomia tra il discorso dell’impresa e la realtà sul terreno. Un altro rapporto pubblicato il 15 giugno, sostenuto dalla rete sierraleonese per il diritto all’alimentazione (SiLNoRF) e sostenuto anche dalla fondazione svizzera Pain pour le prochain (PPP) giunge alla stessa conclusione: malgrado le promesse (orali) di Addax, le comunità locali sono sempre più confrontate con l’insicurezza alimentare e i soli a beneficiare del progetto sono alcuni membri delle élite locali.



Addax contesta i risultati di quest’ultimo rapporto, giudicato polemico e tendenzioso “scritto con l’obiettivo di creare una risonanza mediatica massimale con lo scopo d’imporre queste ONG come interlocutori indispensabili nel processo di negoziazione già messo in opera da Addax Bioenergy e le popolazioni locali”. È naturalmente il diritto di Addax quello di esprimere il suo punto di vista per bilanciare gli attacchi di cui la società si sente vittima. Addax ha trovato nel Matin Dimanche un buon alleato che, non soltanto ne elogia l’operato e gli sforzi in materia di sviluppo sostenibile, ma attacca ugualmente gli oppositori svizzeri, considerati illegittimi. Il bersaglio principale è PPP e Yvan Maillard Ardenti, responsabile “mercati internazionali, debiti e corruzione” per la fondazione, accusato di aver pilotato lo studio. L’autrice dell’articolo non fa prova di nessuno spirito critico. La critica si rivolge esclusivamente verso gli oppositori , accusati di “conservare i contadini africani nella dipendenza e nella miseria piuttosto che di favorire un sviluppo economico sostenibile”.




Inelegante, l’articolo arriva persino a citare un e-mail privato scritto da Maillard Ardenti a Nikolaï Germann, il direttore del progetto. Possiamo facilmente immaginare la fonte di questo misterioso documento “di cui il Matin Dimanche ha preso conoscenza” e che non aggiunge niente al dibattito. Si tratta di un vero è proprio flak, fuoco contraereo, termine utilizzato dagli specialisti per definire lo sforzo mirato per discreditare le organizzazione e gli individui che sono in disaccordo o manifestano dubbi verso le asserzioni dominanti.



PPP ha inviato una lettera di risposta, relegata in penultima pagina del domenicale del 26 giugno. Una risposta forzatamente sommaria il cui impatto mediatico non può essere comparato all’articolo in questione. La fondazione ha redatto un documento di quattro pagine che rivela e ricontestualizza dodici affermazioni inesatte presenti nell’articolo. Un recente reportage della televisione della Svizzera tedesca in Sierra Leone mostra ugualmente che il progetto di Addax non è cosi performante come il Matin Dimanche e Addax pretendono.


Chiunque è libero di avere la propria opinione sul soggetto. Addax ha sicuramente fatto degli sforzi in termini di comunicazione e nel considerare alcuni aspetti sociali. Ma un giornale che si vuole d’informazione non può limitarsi a presentare dei fatti sulla base delle informazioni fornite da un’impresa e dalla sua agenzia di comunicazione.

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