martedì 9 febbraio 2010

Biopirateria: lo strano caso di un geranio sudafricano!

L’ufficio europeo dei brevetti revoca l’esclusiva detenuta dalla ditta farmaceutica Schwabe relativa ad un particolare geranio, il pelargonium sidoides. Quest’ultimo é utilizzato da secoli da una comunità sudafricana per curare la tosse e altre malattie, non si tratta quindi di un’invenzione. Un successo nella lotta contro la biopirateria.



Spesso, parlando di questioni agricole, ho accennato alla problematica del monopolio sulle sementi e dei brevetti. Problematica che si rifà ad un fenomeno, quello della biopirateria, che non riguarda solo il settore dell’agricoltura ma, anche e soprattutto, il settore farmaceutico. Per biopirateria si intende il furto delle risorse genetiche (per esempio di una pianta) e dei saperi tradizionali che sono associati a queste risorse (come i valori nutritivi o medicinali) a discapito delle comunità locali che, nel corso dei secoli, le hanno sviluppate. Normalmente avviene che delle imprese - spesso del Nord - si appropriano di queste risorse - spesso del Sud - senza il consenso delle comunità locali e senza che queste comunità ricevano una contropartita finanziaria.

Nel settore agricolo avviene che delle imprese multinazionali acquisiscono dei monopoli commerciali sulle semenze, senza considerare che queste semenze sono coltivate da centinaia di anni, sviluppate e migliorate tramite un processo selettivo che dura oramai da generazioni. Fenomeno questo, che tocca anche istituti pubblici di ricerca che raccolgono semenze nei paesi del Sud mettendole in seguito, e gratuitamente, a disposizione delle imprese del Nord che le brevettano a discapito delle comunità locali che le hanno de facto create. Nel settore farmaceutico, imprese o laboratori del Nord si accaparrano, per il loro esclusivo profitto, delle sostanze prelevate da piante medicinali utilizzate da secoli dalle medicine tradizionali nei paesi del Sud.

I brevetti sono gli strumenti chiave della biopirateria. Essi danno un diritto esclusivo di produzione e di commercializzazione, limitato nel tempo ( in genere 20 anni), per un’invenzione in controparte della pubblicazione immediata dei processi di fabbricazione. Con lo sviluppo delle biotecnologie, negli anni 80, le imprese farmaceutiche e agrochimiche vollero proteggere i loro prodotti per ammortizzare gli enormi costi di ricerca. Fecero così pressione per generalizzare i brevetti sugli organismi viventi. Negli USA, nel 1984, la corte suprema accorda il primo brevetto su un organismo vivente dando così il via a questo processo. L’Europa segue adottando una direttiva che autorizza il brevetto perfino a parti del corpo umano. A livello internazionale, l’accordo sui diritti di proprietà intellettuale legati al commercio (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights, TRIPs) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) universalizza il sistema dei brevetti sul vivente (Articolo 27.3 b). Una volta messa in pratica questa legislazione, i biopirati potranno proteggere i loro prodotti nei 153 paesi membri dell’OMC. Tuttavia, la Convenzione di Rio sulla biodiversità (CDB, 1992), adottata da 180 paesi (tra cui la Svizzera) prevede il diritto di sovranità nazionale sulle proprie risorse genetiche (articolo 3). Si prevede che l’accesso a queste risorse da parte di terzi deve, da una parte, essere sottomessa a un “consentement préalable donné en connaissance de cause” (articolo 15.5) da parte dello stato fornitore e, d’altra parte, deve garantire “un partage juste et équitable” (articolo 15.7) dei profitti derivati da questo accesso.

Il fenomeno della biopirateria e dei brevetti sul vivente è in continua crescita: brevetti sui fagioli gialli del Messico, sul melone cinese, sulla kava di Malaesia, una settantina di brevetti sul neem indiano e via di seguito. Un brevetto su questo tipo di risorse è una contraddizioni in termini: non si inventa nulla, ci si limita ad appropriarsi delle risorse genetiche e dei saperi tradizionali tramandati da generazioni e generazioni di contadini o sciamani. Una recente decisione dell’Ufficio europeo dei brevetti sembra tenere in conto questa contraddizione.

Il caso del pelargonium sidoides

Il pelargonium sidoides è una pianta utilizzata da secoli dalle comunità autonome del Sud Africa per curare i bronchi e altre malattie. La ditta tedesca Dr Willmar Schwabe ha depositato due brevetti relativi al pelargonium, uno dei quali sull’estrazione di una sostanza attiva dalle radici destinata a dei medicamenti contro la bronchite. Grazie al suo medicamento Umckaolabo, a base appunto di pelargonium, la ditta tedesca ha acquisito importanti profitti, senza però dividerli con le comunità locali del Sud Africa (soprattutto l’Alice Community, nella provincia del Capo Orientale), come chiesto dalla CDB. La dichiarazione di Berna (DB) assieme a partner sudafricani ha fatto ricorso contro questo brevetto presso l’Ufficio europeo dei brevetti. I ricorrenti considerano che questi brevetti sono un’appropriazione illegale e illegittima dei saperi tradizionali e delle risorse genetiche in opposizione flagrante con la Convenzione della biodiversità (di cui il Sud Africa è firmatario dal 1995). Il 26 gennaio l’Ufficio europeo dei brevetti ha abrogato il brevetto detenuto dalla Schwabe sul pelargonium sidoides, dando così ragione alla Dichiarazione di Berna e ai suoi partner africani. L’assenza di attività inventiva è stata determinante nella decisione presa dall’Ufficio europeo dei brevetti. Non si tratta di una scoperta fatta dalla Schwabe bensì di un processo già conosciuto largamente nella letteratura specializzata e che si rifà ai saperi ancestrali di alcune comunità autonome del Sud Africa: “le brevet litigieux devait être révoqué parce qu'il ne satisfaisait pas aux exigences d'activité inventive de la Convention sur le brevet européen. Auparavant, les parties avaient pris position sur les autres motifs d'opposition. Les aspects relatifs aux conventions sur la biodiversité ont aussi été longuement évoqués ». Secondo la DB questa decisione è un importante successo nella lotta contro la biopirateria. Mariam Mayet, dell’African Center for Biosecurity afferma: « Nous nous réjouissons que Schwabe ait perdu le droit de monopoliser des ressources génétiques issues du savoir traditionnel d’Afrique du Sud ».

Un primo passo, quindi, contro il fenomeno dilagante della biopirateria. Molto però resta ancora da fare. Il geranio sudafricano è un piccolo esempio, speriamo non sia solo uno strano caso.



Riferimenti bibliografici:

http://www.evb.ch/fr/p25017058.html
http://www.evb.ch/fr/p5168.html
http://www.schwabepharma.com/international/
http://www.schwabepharma.com/international/downloads/pdf/Imagebroschuere.pdf
http://www.grain.org/bio-ipr/?id=539
http://reteuno.rsi.ch/modem/welcome.cfm?IDc=29737
http://www.epo.org/about-us/press/releases/archive/2010/20100126_fr.html
http://www.cbd.int/

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