Spesso, parlando di questioni agricole, ho accennato alla problematica del monopolio sulle sementi e dei brevetti. Problematica che si rifà ad un fenomeno, quello della biopirateria, che non riguarda solo il settore dell’agricoltura ma, anche e soprattutto, il settore farmaceutico. Per biopirateria si intende il furto delle risorse genetiche (per esempio di una pianta) e dei saperi tradizionali che sono associati a queste risorse (come i valori nutritivi o medicinali) a discapito delle comunità locali che, nel corso dei secoli, le hanno sviluppate. Normalmente avviene che delle imprese - spesso del Nord - si appropriano di queste risorse - spesso del Sud - senza il consenso delle comunità locali e senza che queste comunità ricevano una contropartita finanziaria.
Nel settore agricolo avviene che delle imprese multinazionali acquisiscono dei monopoli commerciali sulle semenze, senza considerare che queste semenze sono coltivate da centinaia di anni, sviluppate e migliorate tramite un processo selettivo che dura oramai da generazioni. Fenomeno questo, che tocca anche istituti pubblici di ricerca che raccolgono semenze nei paesi del Sud mettendole in seguito, e gratuitamente, a disposizione delle imprese del Nord che le brevettano a discapito delle comunità locali che le hanno de facto create. Nel settore farmaceutico, imprese o laboratori del Nord si accaparrano, per il loro esclusivo profitto, delle sostanze prelevate da piante medicinali utilizzate da secoli dalle medicine tradizionali nei paesi del Sud.
I brevetti sono gli strumenti chiave della biopirateria. Essi danno un diritto esclusivo di produzione e di commercializzazione, limitato nel tempo ( in genere 20 anni), per un’invenzione in controparte della pubblicazione immediata dei processi di fabbricazione. Con lo sviluppo delle biotecnologie, negli anni 80, le imprese farmaceutiche e agrochimiche vollero proteggere i loro prodotti per ammortizzare gli enormi costi di ricerca. Fecero così pressione per generalizzare i brevetti sugli organismi viventi. Negli USA, nel 1984, la corte suprema accorda il primo brevetto su un organismo vivente dando così il via a questo processo. L’Europa segue adottando una direttiva che autorizza il brevetto perfino a parti del corpo umano. A livello internazionale, l’accordo sui diritti di proprietà intellettuale legati al commercio (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights, TRIPs) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) universalizza il sistema dei brevetti sul vivente (Articolo 27.3 b). Una volta messa in pratica questa legislazione, i biopirati potranno proteggere i loro prodotti nei 153 paesi membri dell’OMC. Tuttavia,
Il fenomeno della biopirateria e dei brevetti sul vivente è in continua crescita: brevetti sui fagioli gialli del Messico, sul melone cinese, sulla kava di Malaesia, una settantina di brevetti sul neem indiano e via di seguito. Un brevetto su questo tipo di risorse è una contraddizioni in termini: non si inventa nulla, ci si limita ad appropriarsi delle risorse genetiche e dei saperi tradizionali tramandati da generazioni e generazioni di contadini o sciamani. Una recente decisione dell’Ufficio europeo dei brevetti sembra tenere in conto questa contraddizione.
Il caso del pelargonium sidoides
Il pelargonium sidoides è una pianta utilizzata da secoli dalle comunità autonome del Sud Africa per curare i bronchi e altre malattie. La ditta tedesca Dr Willmar Schwabe ha depositato due brevetti relativi al pelargonium, uno dei quali sull’estrazione di una sostanza attiva dalle radici destinata a dei medicamenti contro la bronchite. Grazie al suo medicamento Umckaolabo, a base appunto di pelargonium, la ditta tedesca ha acquisito importanti profitti, senza però dividerli con le comunità locali del Sud Africa (soprattutto l’Alice Community, nella provincia del Capo Orientale), come chiesto dalla CDB. La dichiarazione di Berna (DB) assieme a partner sudafricani ha fatto ricorso contro questo brevetto presso l’Ufficio europeo dei brevetti. I ricorrenti considerano che questi brevetti sono un’appropriazione illegale e illegittima dei saperi tradizionali e delle risorse genetiche in opposizione flagrante con
Un primo passo, quindi, contro il fenomeno dilagante della biopirateria. Molto però resta ancora da fare. Il geranio sudafricano è un piccolo esempio, speriamo non sia solo uno strano caso.
Riferimenti bibliografici:
http://www.evb.ch/fr/p25017058.html
http://www.evb.ch/fr/p5168.html
http://www.schwabepharma.com/international/
http://www.schwabepharma.com/international/downloads/pdf/Imagebroschuere.pdf
http://www.grain.org/bio-ipr/?id=539
http://reteuno.rsi.ch/modem/welcome.cfm?IDc=29737
http://www.epo.org/about-us/press/releases/archive/2010/20100126_fr.html
http://www.cbd.int/
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