Da dove arriva il combustibile nucleare che permette alle centrali svizzere di funzionare ?
Quando si parla dei rischi inerenti l’energia nucleare il dibattito si focalizza su ciò che avviene durante e dopo la produzione. I pericoli delle centrali e la gestione delle scorie sono in effetti gli argomenti più utilizzati. Tuttavia, bisognerebbe interrogarsi anche su quello che succede prima della produzione, sull’origine della materia prima. L’estrazione dell’uranio è spesso evocata dalla lobby pro nucleare come un fattore positivo: l’elemento è estratto in paesi politicamente stabili e democratici dove i diritti dei lavoratori e dell’ambiente sono rispettati. Il caso dell’uranio russo utilizzato nelle centrali argoviesi di Beznau e Leibstadt mostra però che il problema è anche alla fonte.
Il mese di novembre, in seguito alle critiche indirizzateli da Greenpeace, la società energetica Axpo ha dovuto ammettere che la tracciabilità dichiarata a proposito dell’uranio utilizzato nelle due centrali era falsa.
Nella lettera aperta indirizzata alla direzione di Axpo, al suo consiglio di amministrazione e ai suoi azionari, l’organizzazione ecologista aveva domandato di non più acquistare combustibile nucleare d’origine russa. Quest’ultimo è prodotto in gran parte nella fabbrica di ritrattamento d’uranio di Mayak, negli Urali siberiani a 2000 km da Mosca. Questa località è considerata da Greenpeace “uno dei luoghi più irradiati al mondo”, non solo a causa degli incidenti avvenuti in passato ma anche per il fatto che il riversamento diretto di liquidi radioattivi nel fiume Tetcha è una prassi normale dell’installazione. Una situazione che ha degli effetti abominevoli sulla popolazione locale colpita da un tasso di cancro largamente superiore alla media.
“Ci siamo sbagliati” aveva affermato davanti alla stampa Manfred Thumann, il CEO di Axpo. La lista dei fornitori d’uranio pubblicata dalla società argoviese non era in effetti corretta e il gruppo ha dovuto ammettere di non avere verificato l’origine dell’uranio russo. Per ciò che concerne le centrali di Beznau e Leibstadt Axpo si fornisce in effetti presso la società francese Areva la quale, a sua volta, acquista il combustibile nucleare presso la società russa MSZ Elektrosal. Gran parte di questo combustibile è fabbricato a Mayak.
Durante la conferenza stampa dell’autunno scorso Thumann annunciò ugualmente che degli esperti del gruppi avrebbero effettuato prossimamente un viaggio in Russia, per rendersi conto personalmente dello stato effettivo dell’inquinamento a Mayak.
“Non ho un buon sentimento, scopriremo probabilmente delle cose che non ci piaceranno” ammise Thumann sottolineando che tuttavia solo dopo la visita la società potrà decidere di rinnovare, per altri dieci anni, il contratto con l’impresa fornitrice. Lo scopo della visita, che coinvolge anche vari politici d’oltralpe (membri del CDA della società) è anche quello di discutere con i rappresentanti della fabbrica e della casa madre, l’agenzia russa per l’energia atomica (Rosatom).
Tuttavia, per ora gli esperti di Axpo non si renderanno conto...di un bel niente. Domenica la società argoviese ha annunciato di non avere ottenuto i permessi per visitare l’impianto di Manyak. La ragione invocata da Rosatom è che l’installazione si trova in zona d’interdizione militare. La decisione russa non fa che alimentare i dubbi sull’origine del combustibile nucleare. Malgrado la delusione manifestata dai dirigenti di Axpo, per la società “le conoscenze attuali non permettono di determinare con certezza se le procedure di ritrattamento dell’uranio a Mayak generano dei problemi di radioattività per l’uomo e l’ambiente”.
Nell’attesa di una visita tutto continuerà come prima, senza che una risposta venga data al seguente quesito: senza l'utilizzo di combustibile la cui origine é dubbiosa, le centrali nucleari svizzere potrebbero funzionare?
NB:
Sul sito dell’agenzia russa per l’energia atomica, in data 27 gennaio possiamo leggere il seguente comunicato stampa:
“Top executives of the Swiss utility Axpo AG visited Chelyabinsk Region where they had a meeting with regional authorities, Rosatom officials and PA Mayak management. Rosatom reported the meeting had been initiated by the Swiss side.”
Da noi contattata, Axpo afferma che suoi esperti si sono effettivamente recati in Russia a gennaio, ma nella regione di Tscheljabinsk. La fabbrica di Mayak non è stata quindi visitata.
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