Panoramica delle società elvetiche attive nell’accaparramento di terre .
Dopo la crisi del 2008, l’interesse sempre più marcato palesato dal settore finanziario verso gli investimenti agricoli si è tradotto in un incremento importante del fenomeno del landgrabbing, l’accaparramento di terre nei paesi in via di sviluppo. I terreni fertili fanno ormai parte dei portafogli d’investimento e dei fondi speculativi proposti dalle banche. Questo fenomeno può essere classato in due categorie. La prima è puramente speculativa: si propone l’acquisto di terreni agricoli sapendo che il valore di questi ultimi aumenterà. La seconda coinvolge gli investitori che fanno affari vendendo i beni agricoli prodotti sulle terre acquistate.
Una recente mozione presentata al Consiglio nazionale dalla deputata verde Maya Graf pone la questione: “Che cosa fa la Svizzera contro l’accaparramento di terre?”. Già, perché se il nostro paese non interviene direttamente, in quanto Stato, nell’acquisto di terre, sul suo territorio sono presenti varie società implicate a vario titolo nell’accaparramento.
Le società che acquistano terre per impiantarvi dei progetti di produzione.
Si tratta di imprese attive direttamente sul terreno, per esempio nella produzione di agro-carburanti. Addax Bioenergy è una società con sede a Ginevra. Nel 2010 ha investito in un progetto in Sierra Leone che prevede, su 10 000 ettari di terre fertili, di produrre canna da zucchero da trasformare in biocarburante per il mercato europeo. Addax ha stipulato un contratto molto favorevole dal punto di vista fiscale con il governo dello Stato africano. Un usufrutto di 50 anni su queste terre (12$ all’ettaro per anno) e un progetto che, secondo i promotori, intende promuovere lo sviluppo agricolo locale ma che pone numerosi interrogativi. Se da un lato l’attività di Addax appare molto discutibile in un paese colpito da gravi carenze alimentari, d’altro canto bisogna riconoscere gli sforzi che la società offre in termine d’informazione. Oltre ad avere invitato dei giornalisti sul terreno, l’impresa ha fatto svolgere degli studi sull’impatto sociale e ambientale del progetto. Tali studi non fanno però che confermare tutti i limiti e i rischi dell’operazione.
Glencore, attualmente la più grande società svizzera (da domani quotata in borsa), leader mondiale dell’estrazione mineraria e del commercio di commodities, possiede già 300 000 ettari di terreni agricoli nel mondo.
Le società legate al commercio di materie prime.
Altre società basate in Svizzera agiscono più nell’ombra, ciò che rende difficile il lavoro di vigilanza. Si tratta soprattutto di holding che fanno capo a società straniere attive nel trading agricolo. L’esempio della società di Zugo Multigrain AG (MAG) mette in evidenza il complesso gioco che si nasconde dietro a questo genere di attività e che lega l’accaparramento di terre alla speculazione sulle materie prime. MAG è attiva nella produzione, distribuzione e commercio di cereali d’origine brasiliana. Nel 2007, tramite la sua filiale Multigrain SA, ha assunto il ruolo d’intermediario per la società giapponese Mitsui nell’acquisto di 100 000 ettari di terre brasiliane. La società giapponese, che all’epoca deteneva il 25% di MAG, ha poi acquistato parti del negoziante brasiliano Xingu (la cui sede centrale guarda caso era anche’essa in Svizzera), trasferendole in seguito alla stessa MAG.
Recentemente Mitsui ha annunciato l’acquisto di nuove azioni di MAG (appartenenti ad altre società con sede in Svizzera, la CHISH SAGL di Petit-Lancy e la PMG Trading AG di Zugo). Un’operazione di 508 milioni di dollari che fa di Mitsui il proprietario principale della società elvetica e di tutta questa filiera di imprese attive nell’acquisto di terre e nel commercio di cereali. Gli obiettivi di questo investimento sono evidenti: le aspettative legate all’aumento della popolazione mondiale e della relativa crescita della domanda di cereali creeranno enormi profitti. Attraverso MAG e grazie all’acquisto di terre brasiliane “destinate alla produzione cerealicola per il mercato asiatico”, Mitsui consolida la sua importante posizione in questo commercio.
Le banche e i fondi d’investimento
In un rapporto della Fondazione Pane per il prossimo (PPP), Yvan Maillard Ardenti, responsabile del settore finanze internazionali e corruzione, ci spiega in quale maniera il settore finanziario svizzero è implicato. Si identificano degli investimenti nell’agricoltura, soprattutto laddove si intravvedono enormi possibilità di profitto, e si propongono sottoforma di fondi. Global Agri Cap, GAIA World Agri Found, Man Investment sono degli esempi di fondi di questo tipo presenti in Svizzera. Questo genere di investimenti pone numerose inquietudini legate all’impatto sociale e ambientale, come per esempio nel caso della produzione di olio di palma e di agro-carburanti. Nel 2009 UBS e Credito svizzero hanno partecipato all’emissione di azioni per conto della Golden Agri-Resources (GAR), uno dei più grandi produttori di olio di palma al mondo e holding della criticata società indonesiana Sinar Mas Group.
Secondo lo studio di PPP, altre due importanti banche private, Sarasin e Pictet, sono direttamente implicate nell’acquisto di terre: esse investono in società come COSAN, il più grande produttore di zucchero brasiliano, attiva nell’acquisto speculativo di terre e fattorie brasiliane.
L’agricoltura è sempre più attrattiva e redditizia per gli investitori. È considerata un vero e proprio oro verde che garantisce importanti margini di profitto ai piazzamenti finanziari. Queste pratiche hanno però gravi conseguenze nei paesi in via di sviluppo i quali sono ancora una volta spogliati della loro principale ricchezza: la terra. La preoccupante situazione alimentare impone che questo genere di pratiche venga regolamentato. In Svizzera, paese che non è certo estraneo al fenomeno, la mozione parlamentare di Maya Graff introduce la questione nel dibattito politico. La cooperazione elvetica è attiva nel finanziamento di alcune ONG mobilizzate contro il fenomeno e che chiedono, per lo meno, l’introduzione di un codice di condotta che imporrebbe alle imprese un certo numero di criteri da rispettare, soprattutto in materia fiscale. Le banche e gli investitori privati (come le casse pensioni) dovrebbero dal canto loro attestare che il denaro investito non contribuisce a privare le popolazioni locali dall’accesso alle loro terre.
Ciò nonostante l’accaparramento di terre può essere frenato soltanto da una regolamentazione internazionale la quale dovrebbe integrare anche la questione degli agro-carburanti e della speculazione sulle materie prime agricole.
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